BELGRADO L’obiettivo di integrare i Balcani occidentali nella Ue entro il 2030? Non irrealistico, anzi, del tutto «alla nostra portata». E i Paesi della regione hanno le «capacità per completare il percorso» di adesione nel giro dei prossimi sei anni. Se sostenuti convintamente da tutti i membri Ue, Italia in testa. È il messaggio più importante lanciato dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ieri (martedì 10 settembre) in viaggio ufficiale in Montenegro e in Macedonia del Nord, due fra le nazioni dell’area in corsa per issare quanto prima la bandiera blu a dodici stelle.
Bandiera blu che non deve rimanere una chimera né per Podgorica, fra le capitali più avanzate nel processo d’adesione, né per Skopje, più indietro a causa dei veti di Sofia, e neppure per gli altri compagni di viaggio, da Belgrado a Sarajevo. Al contrario, l’integrazione dei Balcani deve ridiventare una priorità per l’Unione, ha spiegato il ministro, criticando anche i «burocrati» di Bruxelles e certi «Paesi nordici», spesso troppo sospettosi verso la regione e poco inclini ad accelerare l’allargamento. Regione che, tuttavia, non può più aspettare. «Noi, come Europa, dobbiamo essere sempre più presenti e non possiamo ancora deludere questi Paesi che sono a tutti gli effetti europei», ha detto Tajani, sottolineando che forse sarebbe meglio parlare, piuttosto che di allargamento, proprio di «riunificazione» dell’Europa, un processo che non può dirsi completo senza i Balcani. Balcani che non possono più rimanere «nel mezzo, né di qua né di là», sospesi in un limbo tra l’Ue, cui tutti aspirano, e le influenze più o meno nefaste e pericolose di potenze extra-Ue. Ma devono essere presi per mano e condotti fino all’adesione, perché «non possono aspettare in eterno», alimentando così scetticismo e pulsioni anti-europee nell’area.
L’Europa non può più dire ai Balcani «non vi vogliamo», al contrario deve «tendere la mano». E deve farlo anche per evitare che qualcun altro cerchi «di sostituirsi a noi, penso alla Russia, alla Cina e alla Turchia, ma l’Italia non lo permetterà».
Certo, i problemi non mancano. E vanno risolti. Quello più impellente è sicuramente il dialogo tra Serbia e Kosovo, al palo, con il nord del Kosovo che ribolle. Ma «noi abbiamo sempre promosso il dialogo, ovunque e anche tra Serbia e Kosovo. Ora io credo che anche il Kosovo debba fare dei passi avanti, deve rispettare gli accordi», ha ammonito Tajani, ricordando che il nord è a maggioranza serba «e non si può negare la realtà», ma «tutelare le minoranze».
Parole di Tajani che hanno ricevuto apprezzamento, a Skopje e a Podgorica. «Ringrazio il ministro» per il sostegno italiano, ha detto così l’omologo macedone Timčo Muncuski, mentre quello montenegrino, Ervin Ibrahimović, ha assicurato che per il Montenegro – potenzialmente in grado di entrare nella Ue prima del 2030, ha garantito Tajani – «i valori europei e atlantici non hanno alternative». E in particolare con Podgorica l’Italia ha intenzione di approfondire i legami, in particolare sul fronte dell’energia. Montenegro e Italia che sono già collegati da un cavo sottomarino di quasi 450 km, 600 MW di capacità, realizzato da Terna. E ora si pensa in concreto a un “raddoppio” dell’elettrodotto sotto il mare, da completare entro il 2027.—
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