Un altro tassello per arrivare alla verità passa ancora una volta dalla famiglia Stefanato, quella che più di trenta anni fa aveva accolto una giovanissima Vincenza, innamorata di Fabio con cui avrebbe trascorso poi tutta la vita fino a quel maledetto 2 luglio, il giorno in cui è stata uccisa.
La famiglia Stefanato si è affidata all’avvocato Luigi Fadalti che in questi giorni incontrerà il pubblico ministero Giovanni Valmassoi. L’obiettivo è quello di fare un punto della situazione nelle indagini per arrivare presto a mettere un punto fermo, definitivo, nel caso di questo delitto da oltre settanta giorni irrisolto. Chi può aver commesso un gesto così feroce su una donna indifesa? E, soprattutto, perché, quale è il motivo che ha portato a tanta brutalità?
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Vincenza Saracino non aveva nemici, non aveva una seconda vita e secondo la ricostruzione degli inquirenti aveva un’esistenza felice, insieme al marito Fabio e a sua figlia. Aveva tanti amici e nulla da nascondere. E, quindi, perché qualcuno ha voluto la sua morte e si è scagliato contro la donna, colpendola con cinque coltellate tra collo e mandibola lasciandola senza vita a lato di quel casolare abbandonato di via Maleviste?
Intanto le indagini stanno correndo a ritmi forsennati, gli inquirenti vogliono mettere la parola fine a questa triste storia e secondo indiscrezioni non saremmo lontani alla capitolo conclusivo della vicenda. Quello che è certo è che le indagini del caso di Vincenza Saracino sono corse su un binario parallelo a quello dell’individuazione del movente.
Dal giorno del ritrovamento tutte le possibilità sono state prese in considerazione. Che l’assassino potesse essere uno di famiglia è stato escluso poche ore dopo il ritrovamento della vittima. Le testimonianze dei familiari sono sempre state coerenti e lontane da ogni tipo di dubbio. Anche il movente di stampo passionale è stato scartato pochi giorni dopo l’assassinio. Vincenza non era tipo da oltrepassare il limite, era una donna devota al marito, troppo legata alla famiglia per avventurarsi in percorsi poco chiari.
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Un ruolo centrale nelle indagini ha giocato la professione della donna. Dalle 10 alle 17 lavorava all’interno del sexy shop De Sade di via Gagliazzo a Preganziol, di proprietà del marito. Qualcuno legato al mondo dell’eros e del porno può essersela presa con la cinquantenne che gestiva il negozio? Vincenza aveva dei conti in sospeso con il suo assassino? Oppure aveva promesso qualcosa che non poteva mantenere?
Col passare del tempo gli inquirenti avrebbero escluso la pista legata alla sfera professionale della donna. Anzi a detta di chi frequenta il sexy shop di Preganziol, nei giorni successivi alla morte della donna ci sarebbe stata una processione laica dei clienti, inconsolabili, con gli occhi pieni di lacrime e una totale incapacità di accettare un fatto del genere.
Vincenza conosceva il suo assassino, gli aveva dato appuntamento, non temeva di incontrarlo, tanto che si erano accordati per vedersi vicino a quel magazzino abbandonato poco distante da casa. Lo aveva conosciuto in qualche locale che frequentava abitualmente? Erano amici o solo buoni conoscenti? Potrebbe forse essersi trattato di un raptus, un’azione slegata da qualsiasi altro motivo? Intanto, quello di Vincenza rimane un omicidio ancora senza un assassino, senza un movente e senza una ragione.