Da dieci anni la morte di Bernardetta, Olga e Lucia è senza una verità. Da dieci anni in carcere per quel delitto c’è un innocente». Un decennio dopo, le parole di suor Giordana Bertacchini – la superiora generale delle Missionarie Saveriane – fanno male e pesano come macigni. Tanto tempo è passato dall’orribile morte a cui sono furono costrette Bernardetta Boggian di Ospedaletto Euganeo, 79 anni, e le consorelle Olga Raschietti e Lucia Pulici, 83 e 75 anni: trucidate nella missione in Burundi in cui operavano amorevolmente da anni (Bernardetta era missionaria in Africa dal 1970, dal 2007 in quel Paese). Il loro presunto killer, un malato psichiatrico del posto, è in carcere da allora.
Eppure la responsabilità della morte delle tre consorelle oggi non è ancora stata accertata e accettata.
«In prigione oggi c’è un innocente, una persona fragile facile da incastrare: gli misero addosso uno dei cellulari delle vittime, e tanto bastò per chiudere il caso».
Come andò realmente?
«L’uccisione di Bernardetta, Olga e Lucia fu chiaramente un rito satanico. Dovevano essere tre, dovevano essere bianche, dovevano essere vergini. Anche nella violenza mossa c’erano tutti gli elementi per pensare a quel tipo di matrice: una di loro venne decapitata».
Alcuni episodi dell’epoca, e poi una recente inchiesta giornalistica, coinvolgono come mandante una figura ai vertici del Governo del Burundi.
«Il generale Adolphe Nshimirimana era a capo dei servizi segreti ed era molto vicino all’allora presidente. Nella principale radio burundese (Rpa, ndr) un uomo ammise di essere il killer e che il mandante fu proprio il generale. Qualche tempo dopo, Nshimirimana venne fatto saltare in aria».
Le istituzioni italiane non chiesero maggiori accertamenti a quelle del Burundi?
«A un’iniziale vicinanza molto importante è seguita una veloce chiusura delle indagini. Negli anni, in piena sincerità, ho visto ben altro trattamento a cittadini italiani morti all’estero in circostanze poco chiare. Si dà per scontato che noi religiose e religiosi impegnati in missione andiamo incontro al rischio di morire, ed è effettivamente così, ma questo non legittima un trattamento diverso rispetto a qualsiasi altro italiano. Anche perché Bernardetta e le consorelle, la loro vita, l’avevano già data ben prima di morire».
Un’inchiesta giornalistica di Giusy Baioni è diventata un libro che analizza in maniera efficace tutti i dubbi legati a quel triplice omicidio. Può essere utile a riaprire il caso?
«La giornalista Baioni ha fatto un lavoro coraggioso, puntuale e preciso. L’inchiesta è stata depositata alla Corte penale internazionale dell’Aja e speriamo che possa portare qualche frutto».
Conosceva personalmente Bernardetta?
«La conoscevo e ne apprezzavo ogni dote: era una donna speciale. Ricordo ancora quel giorno: ero da poco diventata direttrice generale e tornavo da Parma, Bernardetta mi chiamò annunciando la macabra morte delle due consorelle (lei venne uccisa la notte successiva, ndr). Aveva visto una scena orribile, eppure riusciva a leggere la positività del momento. Mi diceva “ora loro sono in paradiso”, con una calma che pochi avrebbero avuto. Sapeva fare una cosa meglio di chiunque altro: valorizzare il bene. So che Bernardetta, Olga e Lucia, dal cielo, hanno pregato per i loro assassini».
Bernardetta e le consorelle, martiri della fede, diventeranno sante?
«L’iter è complesso, ma le condizioni ci sono. Per ora abbiamo inviato tutto il materiale raccolto alla commissione nuovi martiri e le loro reliquie oggi si trovano nella Basilica di San Bartolomeo a Roma, memoriale dei nuovi martiri. Occorre ora esaminare le virtù eroiche che possono aprire il processo canonico. Tra le tante opere di bene legate a Bernardetta, Olga e Lucia c’è sicuramente l’aumento delle vocazioni in Burundi, che prima del 2014 scarseggiavano. Ora molte giovani ci dicono “vogliamo andare a prendere il loro posto”».
Come ricorderete in questi giorni Bernardetta, Olga e Lucia?
«Nel luogo in cui furono uccise, ormai da anni, è nata una cappella dedicata a loro tre, costantemente meta di fede e devozione, a maggior ragione in questi giorni. Venerdì prossimo, nella nostra chiesa di San Lazzaro a Parma, alle 20.45 verrà loro dedicata una veglia di preghiera». Una preghiera per le tre religiose, una preghiera per chiedere verità e giustizia.