Sono circa un migliaio le lavoratrici i lavoratori che mancano nei settori socioassistenziale, sociosanitario ed educativo del Padovano.
Oss e infermieri, fisioterapisti ed educatori, cuochi e addetti alle pulizie che nelle case di riposo private del territorio si prendono cura dei più fragili. Le scuole di formazione sono sempre più a caccia di iscritti tanto che faticano a chiudere le classi e avviare le lezioni, mentre i pochi qualificati che si immettono sul mercato del lavoro preferiscono il settore pubblico al privato.
In questo scenario si inserisce la mobilitazione di martedì 11 settembre per il mancato accordo sul rinnovo del contratto nazionale Uneba, la parte datoriale che riunisce diverse case di riposo del territorio tra cui l’Opera Immacolata Concezione di via Toblino a Padova dove è stato allestito un presidio.
A sostenere la causa dei dipendenti Oic con contratto nazionale scaduto da 53 mesi, sono le sigle sindacali Fp Cgil, Cisl FP, Fisascat Cisl, Uil FPL e Uil Tucs.
«Aderiamo allo sciopero nazionale proclamato per l’intera giornata del 16 settembre dai dipendenti delle strutture-enti associate all’Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistanza Sociale (Uneba), o adottanti il Ccnl Uneba», hanno dichiarato i sindacati.
Il ritrovo lunedì 16 è in via Vescovado, davanti alla sede Uneba.
«La contrattazione è ferma dal 2019, il costo della vita nel frattempo è aumentato, e Uneba propone un aumento di 50 euro lordi in busta paga (35 netti), potenzialmente assorbibili in caso di altri accordi territoriali. Nessun altro elemento di miglioramento contrattuale», denuncia la funzionaria Fp Cgil Angela Marigo. «Chiediamo 150 euro, quanto peraltro ottenuto in sede di rinnovo dalle cooperative sociali dove molti si sono riversati. Lunedì scendiamo in piazza auspicando che la discussione con la parte datoriale si riapra a livello nazionale», dichiara.
Uneba Veneto conta tra gli associati 8. 000 dipendenti circa. «Con stipendi miseri, doppi turni e riposi che saltano la gente non ce la fa più. Chi ha una certa anzianità riesce a portare a casa 1.200 euro al mese», racconta Fernando Bernalda (Uil Tucs).
Per quanto riguarda l’Oic, si contesta di investire su personale straniero, accollandosi le spese di alloggio e formazione professionale, invece di alzare la paga a chi già lavora. «Il risultato è che in 300 almeno hanno dato le dimissioni dalle residenze sanitarie assistenziali gestite da Oic nel Padovano», segnala, «I dipendenti che durante la pandemia erano degli eroi adesso sono l’ultima ruota del carro».
A sentire la voce di chi assiste in prima linea anziani e disabili, da dopo il Covid i reparti non hanno più trovato serenità.
«Non a discapito della qualità del servizio erogato, preciso, ma con uno sforzo diventato insostenibile», rileva il segretario generale Fisascat di Padova e Rovigo, Matteo Breda. «Donne poco più che trentenni hanno già la sindrome del tunnel carpale, ernie al disco, esaurimenti nervosi – dice – Problemi fisici e psichici che portano a infortuni, malattie professionali e reparti sguarniti dove lavoriamo quotidianamente con l’organico ai minimi».
Lo sciopero generale del 16 punta a rimescolare le carte in tavola. «È l’occasione di fare pressione alla parte datoriale perché metta mano al portafoglio di fronte a strutture che lavorano a pieno regime di ospiti in tutto il Paese», sottolinea Franco Maisto (Cisl Fp Padova).
«La società invecchia, non ci sono posti letto vuoti ma liste d’attesa piene. Ne va dei nostri anziani», prosegue, «La remunerazione non è all’altezza: nel pubblico impiego i posti sono meglio retribuiti, nel privato si a gioca al risparmio». Anche Fabio Toso, direttore generale della fondazione Opera Immacolata concezione, attende il risultato della trattativa: «Lo sciopero è questione nazionale, la nostra responsabilità è garantire la salute degli ospiti», dichiara, «Siamo consapevoli della mancanza di personale, per non appesantire la situazione, teniamo già chiusi alcuni reparti». —