Il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Karim Khan, ha espresso preoccupazione per le pressioni che la Corte continua a subire da parte degli Stati Uniti in merito alle indagini sugli attacchi di Israele a Gaza, e chiede la cooperazione del Giappone in quanto Paese alleato e principale finanziatore del tribunale con sede all’Aia, nei Paesi Bassi.
In una intervista al quotidiano Yomiuri Shimbun, riferendosi all’impatto di tali pressioni sullo Stato di diritto, Khan ha affermato: «Se si consente un attacco alla Corte, allora non si ha un sistema basato sulle regole». Lo scorso maggio Khan aveva formulato dei mandati di arresto contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e un altro funzionario israeliano, per essere responsabili della crisi umanitaria a Gaza.
Un mese dopo, tuttavia, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti – che sostengono Israele e non sono membri della Cpi – ha approvato a maggioranza una proposta di legge per imporre sanzioni ai funzionari della corte. Il disegno di legge diventerà legge se sarà ratificato dal Senato e firmato dal Presidente Biden, ha spiegato Khan al giornale, rivelando anche che i funzionari della Cpi hanno ricevuto minacce personali da parte di sostenitori israeliani. Khan si è anche riferito alla vicenda che ha riguardato il Presidente russo Vladimir Putin, per il quale la Cpi ha emesso un mandato d’arresto, e in visita in Mongolia, uno stato che aderisce alla convenzione del tribunale internazionale.
«Credo sia meglio per gli Stati membri e per il mondo, avere il coraggio di difendere i principi piuttosto che le convenienze», ha concluso Khan.
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