LUBIANA Misure ad hoc e poi una legge d’emergenza per salvare il comparto per la produzione d’energia elettrica, un buon numero di posti di lavoro, la possibilità di riscaldarsi per migliaia di sloveni e mettere in sicurezza le casse pubbliche. Misure che sono sul tavolo a Lubiana, dove il governo Golob si sta muovendo per gestire una annosa patata bollente che riguarda la mega-centrale termoelettrica di Šoštanj e le miniere di carbone di Velenje, che alimentano l’impianto.
Centrale, la cosiddetta “Teš”, i cui conti «sono andati talmente peggiorando» nell’ultimo periodo da far paventare addirittura il rischio «insolvenza» a partire dal gennaio del prossimo anno, ha spiegato il ministro sloveno dell’Ambiente, del Clima e dell’Energia, Bojan Kumer, annunciando appunto che l’esecutivo sta lavorando a una proposta di legge per salvare Šoštanj e indotto. Parole che sono giustificate da numeri ufficiosi, resi pubblici dall’agenzia di stampa slovena Sta.
La «divisione termica» della holding pubblica dell’energia Hse, a cui fanno riferimento Šoštanj e la miniera di Velenje, dovrebbe registrare perdite «tra i 150 e i 200 milioni di euro» nel 2025, ha scritto la Sta. La causa? In particolare l’aumento del costo dei “crediti sulle emissioni” da carbone, che sta rendendo sempre meno conveniente il suo uso per la produzione di elettricità, ma anche il calo dei prezzi dell’energia. Cifre preoccupanti, quelle evocate dalla Sta, che sono capaci di mettere in difficoltà la Hse e che rispecchiano stime circolate nei mesi scorsi in Slovenia.
Il portale Necenzurirano, solitamente ben informato, aveva già parlato a gennaio di «due miliardi» di perdite «nel prossimo decennio» per Teš e miniera collegata, ma anche di «rischio» per la stabilità della Hse «nel giro di due anni», senza un forte intervento pubblico. Sulla sTešsa linea anche i numeri forniti in primavera dal quotidiano Delo, che aveva riferito di risparmi per «2,5 miliardi per lo Stato fino al 2023» in caso di chiusura immediata della Teš, che oggi continua a garantire il 20% del fabbisogno di energia della Slovenia e la cui unica unità, la Teš 6, è entrata in funzione solo nel 2014, con un costo stratosferico di 1,4 miliardi di euro. Miliardi, aveva suggerito il Delo, che sarebbero più utili nell’investimento di Krsko 2.
Lo sTešso premier Robert Golob, ad aprile, aveva evocato svariati «scenari» allo studio per far fronte alle difficoltà della centrale di Šoštanj, tra cui «la chiusura» ben prima dell’anno 2033, come da pianificazione, «o una riduzione radicale della produzione già nei prossimi tre anni». E dovrebbe essere proprio quest’ultima la via che sceglierà Lubiana per risolvere il nodo Teš. Nel frattempo, sul tavolo c’è una soluzione temporanea evocata da Kumer che prevede appunto la limitazione delle operazioni di Teš al solo teleriscaldamento – di cui fanno uso più di 35mila persone – con la miniera di Velenje che continuerebbe a essere attiva per garantire il funzionamento della centrale.
«Farò il possibile affinché i costi non ricadano sulla popolazione locale e sui contribuenti» e per finanziare «l’operazione intendiamo utilizzare i profitti delle aziende energetiche», ha anticipato Kumer. Soluzione che «non sarà economica», ha però messo le mani avanti. Certo è che senza un intervento del governo a rischio sono 2.500 posti di lavoro, tra centrale e miniera. —
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