Luca Guadagnino porta in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2024 Queer, il suo film più personale. Ma non il suo più bello, come aveva anticipato il direttore del festival Alberto Barbera, creando non poche attese. Daniel Craig all’interpretazione della vita? Probabilmente sì: in questo il verbo di Barbera non mente.
Applausi per Queer alla prima proiezione per la stampa in Sala Grande, anche se con poco trasporto.
Daniel Craig e Drew Starkey nel film "Queer" (Credits: Yannis Drakoulidis)
Queer è una storia d’amore omosessuale dolce, senza equilibrio, ossessiva, tra mescal, tequila, eroina e ayahuasca. Una dipendenza d’amore, di alcol, di droga. Da una parte Daniel Craig, 56 anni, ex James Bond arrivato al Lido di Venezia con capelli allungati e barba bianca. Dall’altra Drew Starkey, 30 anni, già visto nella serie tv Outer Banks di Netflix.
Craig, che interpreta William Lee, un espatriato americano nella Città del Messico degli anni '50, ama di più, desidera di più, è totalmente avvinto. Al centro della sua ossessione il giovane studente incarnato da Starkey, Eugene Allerton, gentile e misterioso, aperto alle avance di quell’uomo più maturo ma allo stesso tempo distante.
Guadagnino adatta il romanzo breve Queer di William S. Burroughs, scritto tra il 1951 e il 1953 ma pubblicato solo nel 1985 perché considerato troppo scandaloso e ricco di omosessualità. Era da oltre trent’anni che il regista siciliano voleva farne un film. «Ho letto il libro a 17 anni. Da ragazzo volevo cambiare il mondo attraverso il cinema», racconta Guadagnino al Lido. «Il collegamento molto profondo che c’è tra i due personaggi, la descrizione su pagina di quello che c’è tra loro, l’assenza di giudizio: tutto questo mi ha cambiato per sempre. Il film Queer ora è qui perché voglio essere fedele a quel giovane che ero e che ha sempre pensato di voler portare il romanzo sul grande schermo».
Quando era sul set di Challengers Guadagnino ha proposto il libro allo sceneggiatore Justin Kuritzkes che ha subito iniziato a scrivere lo script. «Spero che il pubblico, vedendo Queer, alla fine abbia un’idea di chi è», dice Guadagnino. «Di chi siamo quando siamo soli, a prescindere da essere queer o a Città del Messico, uomo o donna. Chi siamo, con l’idea di come ci siamo sentiti per qualcun altro».
Daniel Craig e Drew Starkey nel film "Queer" (Credits: Yannis Drakoulidis)
Molto esplicito, Queer è più pulsante e sincero di Bones and all e Chiamami col tuo nome. È attento all’estetica ma non ne è schiavo. Si dilunga, sì, ma sa essere dolce e allo stesso amaro nel confronto intenso e spietato tra mezza età e gioventù, tra perdizione e contenimento. E intanto Guadagnino lascia andare la sua playlist, che include anche Sin ti di Josè Guizar Morfin, Sui ghiacciai dei Verdena, Vaster than Empire, suonata da Caetano Veloso, Trent Reznor e Atticus Ross.
Le sequenze erotiche tra Daniel Craig e Drew Starkey sono dirette e armoniose, come un ballo di corpi muscolosi all’unisono, sotto la guida dei coreografi Sol León & Paul Lightfoot. «Abbiamo seguito una coreografia. Ho iniziato a fare prove per mesi prima di girare», racconta Craig. «Non c’è niente di intimo in una scena di sesso in un film perché è fatta in una stanza piena di persone che ti guardano. Volevamo fosse commovente e naturalistica, Drew è un attore fantastico e abbiamo fatto sì che fosse divertente». Ci sono riusciti.
«Abbiamo cominciato a fare prove molto presto, non solo per le scene sesso, per cercare di trovare quella libertà tra noi due, per librare le nostre fisicità, i corpi. I movimenti sono stati illustrati dal coreografo», gli fa eco Starkey. «Per mesi abbiamo potuto sperimentare l’uno con l’altro, per creare questa poesia. Non sono un ballerino, non lo è neanche Daniel, però credo che abbiamo ballato bene insieme».
Luca Guadagnino, Drew Starkey e Daniel Craig a Venezia (Foto Ansa/Fabio Frustaci)
Il terzo atto, il viaggio verso l’ayahuasca, non c’è nel libro originale ma Guadagnino ha sentito necessario aggiungerlo. «Nel libro i personaggi principali Lee e Allerton incontrano il dottor Cotter e non viene data loro l'ayahuasca o yage che cercano. Con lo sceneggiatore Justin Kuritzkes ci siamo chiesti: "e se finalmente la trovassero, dove li porterebbe?" », ha spiegato Guadagnino nelle note stampa. «La cosa più importante è che il film non è una storia di amore non corrisposto di Lee per Allerton, ma è una storia d'amore. Non ero interessato a raccontare una storia d’amore non corrisposto. Questa è una storia universale sull'amore e sul modo in cui le persone possono ricambiare l'amore o sulla tragedia di non essere nello stesso posto allo stesso momento, ma entrambi innamorati».
Queer è stato tutto girato a Cinecittà, dove è stato ricostruito un intero quartiere di Città del Messico, con pochi esterni reali in Sicilia e in Messico.
«Ho detto di sì a Queer per questo grande uomo che ho ora al mio fianco (Luca Guadagnino, ndr)», afferma Craig. «Lo volevo da tanto tempo. La prima volta ce lo siamo detti tanti anni fa. Se avessi visto questo film, senza far parte del cast, avrei pensato che avrei voluto essere io l’attore. Se ripenso a Queer penso alla gioia, non a sfide da superare».
Daniel Craig si candida prepotentemente al premio per la migliore interpretazione maschile a Venezia 81.
Il film più bello di Luca Guadagnino ad oggi? Resta Io sono l’amore, anno 2009.