Si ferma agli ottavi la corsa di Jasmine Paolini, che eguaglia il risultato ottenuto in Australia a gennaio a condire un’annata Slam strepitosa, con le finali di Parigi e Wimbledon. Troppa Karolina Muchova nel lunedì newyorchese, con la differenza fatta soprattutto dai colpi di inizio gioco, come ha avuto modo di sottolineare la stessa Jasmine.
D. Ho l’impressione che Muchova abbia giocato anche molto facile: non sei riuscita a fare quello che ti eri preparata?
“La grossa differenza è stata al servizio. Non mi sentivo benissimo in battuta, non ho messo tante prime, probabilmente potevo spingerlo di più, mentre lei serve veramente bene, si toglie dalle difficoltà. Non ti dà nemmeno tanto ritmo perché una volta viene a rete, poi gioca uno slice… Certamente dovevo cercare di variare di più le traiettorie perché quando la palla le arriva all’altezza del fianco è impressionante, ma non è nemmeno facile perché la velocità era alta, c’era anche un po’ di vento. Al di là di questo credo siano fondamentali i primi colpi, servizio e risposta, altrimenti è dura imporre il proprio gioco e le proprie idee.”
D. Finiti gli Slam: che voto ti dai e quale ti è piaciuto più?
“Voto non so, ma sono contenta di come siano andati. Wimbledon è quello che mi è piaciuto di più, più di Parigi, un’altra atmosfera. È Wimbledon e anche lo Slam dove mi aspettavo meno di poter giocare bene -non avevo mai superato un turno.”
D. Su quale superficie ti senti più a tuo agio? O adesso ti senti di poter fare bene su ogno superficie?
“Quest’anno è stato positivo dappertutto, ho giocato bene a Dubai, Parigi, Wimbledon. Credo di poter esprimere un buon livello su ogni superficie. Chiaramente sono nata sulla terra e mi ci sento subito a mio agio.”
D. C’è stato un momento, prima di fare questi risultati, che qualcosa stava cambiando?
“L’anno scorso a Cincinnati ho pensato di poter giocare meglio anche sul cemento, nei grandi tornei. Poi sono arrivata qua, ho preso una storta su una pallina in allenamento e contro Ostapenko è stata dura perché non riuscivo a muovermi bene. Però da lì piano piano è andata bene, ho finalmente battuto Garcia sul cemento, ci avevo perso, non so, cinque volte di fila [quattro, ndr]. Quello, a Zhengzhou, è stato un match che mi ha dato tanta fiducia. Ho detto, cavolo, sono riuscita a vincere una partita del genere su una superficie su cui mi sentivo meno a mio agio, con una giocatrice che mi toglieva il tempo. Ho preso più consapevolezza di poter vincere certe partite, perché magari le lottavo ma alla fine le perdevo sempre. Anche in Australia, dove avevo sempre perso, sono riuscita a vincere tre match. Sono stati tanti mattoncini, non c’è stato un momento, ma credo che il torneo di Cincinnati dell’anno scorso mi abbia fatto capire di poter giocare a questo livello.