Passino gli attacchi del centrosinistra – giusto il primo settembre la segretaria dem Elly Schlein ha detto: «L’Autonomia differenziata è una riforma che vuole spaccare in due un Paese, che, invece, ha bisogno di essere ricucito». Passi pure la carica dei compagni di coalizione di Forza Italia.
Ma i vescovi, ecco, no: il loro è un arrembaggio inatteso e pericoloso. Rischiano di fare male le parole che Francesco Savino, vicepresidente della Cei, ha riservato alla riforma per l’Autonomia differenziata. Anche perché rivolte a una platea che potenzialmente è comune all’elettorato leghista.
E così, dopo la prima difesa verbale – e corale, con il segretario Salvini – il governatore Luca Zaia, che della legge è tra i primi sponsor, ha deciso di prendere carta e penna, per scrivere una lettera indirizzata al presidente dei vescovi, Matteo Maria Zuppi.
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Dovrebbe essere con quel testo che il presidente ufficializzerà quello che già aveva detto in un primissimo momento: l’apertura a rendere disponibile un parterre di esperti, per fugare ogni dubbio relativo alla legge. Magari, organizzando degli specifici incontri tra i vescovi della Cei, i costituzionalisti e i tributaristi che stanno accompagnando la Regione nel percorso verso l’attuazione della riforma, per sviscerarne ogni aspetto e fugare ogni dubbio. Anche perché – questo i leghisti lo ribadiscono – all’interno della stessa Chiesa, diversi esponenti di vertice hanno fatto sapere di avere delle posizioni differenti da quelle espresse da monsignor Savino sull’Autonomia.
Anche per questo, filtra, il presidente vorrebbe fare passare il messaggio che non esistono “cattolici buoni” e “cattolici cattivi”.
Certo è che le parole del vicepresidente della Cei hanno fatto molto rumore: per la levatura dell’interprete e perché capaci di toccare corde familiari agli oppositori storici della riforma.
E in effetti anche a questi, in passato, Zaia si era rivolto opponendo la lettura del testo della legge, capace a suo dire di smontare qualsiasi argomento contrario. La replica, ora, è analoga: la messa a disposizione della famosa “delegazione trattante”, vale a dire la piccola cerchia di giuristi ed economisti voluta dalla Regione per dare efficacia alla legge.
Sostiene Zaia: la Lega è interlocutore autorevole sullo scacchiere regionale e nazionale, assolutamente capace e titolato a esprimere posizioni importanti, sull’attualità e la società. Anche per questo le parole di Savino, perentorie e repentine, sono state una sorpresa.
La lettera è pronta, il governatore ha aspettato questa settimana per inviarla al presidente della Conferenza episcopale, alla ricerca di una mediazione importante; mediazione che, se non dovesse andare a buon fine, potrebbe rivelarsi un ostacolo tanto ingombrante quanto inatteso nel percorso verso l’attuazione della riforma.
Una strada sulla quale si staglia, sempre più netto, il profilo del referendum. E il primo settembre, da Arezzo, nel ribadire l’invito agli elettori a firmare per proporre il quesito contro la legge, Schlein ha condannato ancora la riforma: «Il Sud e le sue aree interne hanno già pagato troppo le diseguaglianze territoriali. Quella per l’Autonomia è una legge sulla quale non è stato messo un euro, nemmeno a voler nascondere che si tratta ancora dell’antico disegno secessionista della Lega, a cui FdI si piega per un cinico baratto con una pessima riforma costituzionale: il premierato».