Questa mattina Valentina Petrillo, la prima atleta transgender a partecipare alle Paralimpiadi, ha conquistato un posto nella semifinale dei 400 metri di atletica leggera paralimpica nella categoria T12 (Visually Impaired).
Ottima prestazione da parte dell’italiana che, al fine di conquistare la fase successiva della competizione, doveva necessariamente realizzare un tempo inferiore al minuto, possibilmente sotto i 58 secondi. Petrillo ha così effettuato un tempo di 58.35 secondi, seconda solo alla venezuelana Alejandra Paola Perez Lopez (56.98), mentre in terza posizione si è posizionata Shen Yaquin (1:01.11).
In questo modo Petrillo si è qualificata attraverso il ripescaggio dei tempi, e stasera alle 20:43 si giocherà la semifinale contro Omara Durand Elias (Cuba), Hajar Sagarzadefh Ghahderijani (Iran), Anna Kulinich-Sorokina (NPA), Oksana Boturchuk (Ucraina), Clara Daniele Barros Da Silvia (Brasile) e Ketyla Teodoro (Brasile), oltre alla venezuelana Perez Lopez.
Ad aprile 2024 Valentina Petrillo ha partecipato al nostro podcast dedicato agli atleti paralimpici, dove ha raccontato la sua storia sportiva, ma ha anche risposto alle critiche di chi già contestava la sua prima storica partecipazione ai Giochi paralimpici.
Durante la chiacchierata, l’atleta ha raccontato il suo percorso di affermazione di genere: “Non ho mai capito tutto questo clamore. Oggettivamente sì, è una notizia che può fare scalpore, però vista dal mio punto di vista è qualcosa che rappresenta la normalità di una persona. Per me era una violenza continuare a vivere spazi maschili, essere considerata un maschio. Oggi sto bene con me stessa, sono una donna realizzata, una donna consapevole del suo percorso, una donna che non chiude con il suo passato: Fabrizio per me rappresenta un percorso, e se oggi sono Valentina lo devo anche a Fabrizio”.
Petrillo ci ha tenuto anche a lanciare un messaggio ai media: “Dopo le Paralimpiadi sogno un mondo in cui si possa finalmente parlare di qualcosa di diverso, di accostare Valentina a un risultato sportivo e non ai soliti stigmi e alle solite parole e dicerie che si possono dire. Mi aspetto che Valentina sia ricordata per quello che ha fatto Parigi, speriamo per una medaglia, e che la mia esperienza possa servire per smetterla di volerci umiliare e violentare: siamo persone, non siamo generi, non siamo diverse”.
Infine la neo-partecipante ha sottolineato il suo punto di vista sulla questione che da settimana l’ha messa al centro delle cronache nazionali: “È la società che mi definisce transgender in modo convenzionale per distinguere una persona che è nata biologicamente uomo, ma si identifica nell’identità di genere femminile. Io sono una persona, e voglio essere ricordata come una persona che ha fatto forse qualcosa di unico e non so se facilmente ripetibile. Che ha sicuramente superato i propri limiti e un certo mondo che ti vuole stigmatizzare e stereotipare”.
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