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Da piazza Garibaldi alla stazione, intervista al sindaco di Udine: «Ztl, parcheggi sul ring e rilancio del centro. Non si torna indietro»

Il suo libro della Genesi si chiama palazzo D’Aronco. Non è il nipote di Matusalemme, ma un ex rettore che, alla sua prima esperienza politica, è chiamato a guidare Udine e una maggioranza parecchio litigiosa. Eppure Alberto Felice De Toni dice di sentirsi come un modello Noè.

«Lui aveva carnivori ed erbivori – spiega il sindaco paragonando la composizione dell’Arca a una coalizione che va dall’estrema sinistra a Comunione e liberazione –, ma il suo obiettivo era quello di salvare tutti. Ecco: io devo traghettare la nave del Comune fino a destinazione». Che nel suo caso non è l’Ararat, ma il 2028. Non sarà facile, perchè due elementi della maggioranza – Antonella Eloisa Gatta e Matteo Mansi – stanno già per abbandondando il vascello e quelli che restano la vedono diversamente su svariati argomenti. Ma De Toni è carico e ottimista: comunque la si pensi, due aspetti del carattere non proprio comuni, almeno in politica.

Sindaco, partiamo da piazza Garibaldi: qual è la situazione attuale?

«Esiste un proverbio Touareg che dice: “fermati un attimo, arriverai prima”. È saggezza popolare millenaria che occorre tenere a mente. Io per primo ho suggerimento una pausa di riflessione sul tema perchè dovevamo effettuare il primo tagliando sulla Ztl».

E come è andato?

«Molto bene, come abbiamo già spiegato a luglio. Il secondo lo faremo a fine dicembre, prima di attivare le telecamere per il controllo degli ingressi».

A gennaio?

«Direi più in primavera. Anche perchè le verifiche tecniche e legali ci hanno confermato come le sanzioni debbano essere emesse dal momento in cui vengono attivate, senza possibili periodi di prova».

Quindi la pedonalizzazione di piazza Garibaldi verrà rimandata al prossimo anno?

«No, calma. Ci stiamo lavorando. Abbiamo stilato un piano di pedonalizzazioni e di ciclabili adeguato alle linee guida urbanistiche europee, ma anche l’impegno di rinforzare i parcheggi, in primis sul ring».

Come?

«Abbiamo già immaginato alcuni interventi importanti a partire dall’ampliamento del Moretti e alla realizzazione di un multipiano in zona teatro».

Per queste idee servono soldi e tempo. Nel frattempo cosa si fa?

«Entro due-tre settimane chiuderemo l’accordo per il parcheggio del Visionario e in un paio di mesi avremo a disposizione anche quello della Coop tra viale Bassi e viale Leonardo da Vinci. Poi c’è il progetto sul Terminal studenti da attivare in parallelo a un servizio di navette e abbiamo iniziato un’interlocuzione anche per il parcheggio dell’Acu».

Il tutto con che denaro?

«Lo troveremo e concorderemo le azioni. Ma l’importante è avere le idee: sono queste che cambiano il mondo».

A proposito di piazze, in XX settembre realizzerete il mercato coperto o meno?

«Intanto abbiamo deliberato uno studio per capire se sia possibile realizzarlo o meno, anche in virtù dei vincoli legati alle belle arti. È chiaro, in ogni caso, che tra capitale pubblico e investimenti privati piazza XX settembre era e resta una nostra priorità».

Restando in centro storico, come si risolve la crisi del commercio cittadino?

«L’assessore Ivano Marchiol mi ha aperto gli occhi su un particolare che non avevo notato: alcune vie del centro sono avvantaggiate dai parcheggi presenti lungo il ring perchè le persone lasciano l’auto in quella zona e poi si muovono a piedi. Penso, ad esempio, a via Poscolle dove non c’è uno stallo, ma è un’arteria del tutto viva».

Ok e quindi?

«L’idea a regime è chiara: fare parcheggiare le persone all’esterno e portare la gente in centro a piedi. Esattamente il contrario di quello che si è fatto negli anni ’60 e ’70».

Per lei non c’è un problema di qualità dei negozi?

«L’apertura dei centri commerciali prima e, poi, l’arrivo di internet devono giocoforza portare i negozi a cambiare il loro modello di business».

Come?

«Hanno bisogno di diventare luoghi di esperienza, di orientamento all’acquisto e sviluppare il servizio post-vendita. Il tutto abbinato al valore del brand. Puntando, cioè, su tutto quello che non si può trovare online».

Se fosse un esercente, resterebbe a lavorare in centro?

«I modelli dicono che nei prossimi anni nei centri storici, di Udine e delle altre città, arriveranno sempre più turisti. Per cui sì, prima di spostarmi ci penserei molto bene. È chiaro, però, che non si può pensare di vendere lo stesso prodotto che si trova in un centro commerciale».

Passiamo in Borgo stazione: soddisfatto dell’aumento dei controlli?

«Per nostra fortuna le misure adottate, con l’aumento delle pattuglie, stanno avendo un effetto deterrente. Nonostante questo, crediamo molto nel progetto di sicurezza partecipata. Ma per Borgo stazione, e per l’intera città, non demordiamo nemmeno dal progetto di riqualificazione complessiva del quartiere».

PER APPROFONDIRE. Piano anti-degrado in Borgo Stazione a Udine, cittadini contrari al taglio delle siepi: «Progetto inutile, i problemi restano»

Che però la Regione non vi finanzia...

«Intanto abbiamo ottenuto i primi tre milioni. A settembre, inoltre, è fissato un appuntamento tra i tecnici comunali e quelli regionali per proseguire l’analisi del tema. Poi all’interno di un masterplan complessivo, un campetto si può anche eliminare se non piace. Non nascondo, tuttavia, che in un piano pluriennale il mio sogno resta l’ex Safau».

Un’idea da centinaia di milioni di euro che nessuno, oggi, pare poter o voler iscrivere a bilancio...

«Ma ho il dovere di crederci. Nel piano di rigenerazione urbana, tra l’altro, io e l’assessore Andrea Zini stiamo immaginando, ma forse dovrei dire sognando, un progetto complessivo che abbracci anche il tema degli appartamenti e dei negozi sfitti. Su quest’ultimo argomento, non a caso, ho dato mandato a manager del commercio di approfondire le migliori esperienze nazionali e internazionali per poterle prendere a modello».

Non pensa che sulla rigenerazione urbana il tema principale di Udine siano le ex caserme?

«Sì, non è una questione banale. Al di là dell’ex Cavarzerani e della Osoppo su cui ci sono progettualità in corso, ho discusso a lungo con il Demanio militare, come sulla possibilità di avere a disposizione la zona a nord dello stadio dove si potrebbe, ad esempio, costruire un secondo Palasport. Anzi, a essere onesti ci costerebbe meno realizzarne uno nuovo che ammodernare l’attuale Carnera».

E cos’è successo?

«Non mi hanno voluto ascoltare. Evidentemente il Demanio militare preferisce tenersi i propri immobili».

Ma perchè non provate a utilizzare la Commissione Paritetica per ottenere la proprietà delle strutture?

«Sì, è una via che possiamo provare a utilizzare. Ma onestamente l’atteggiamento del Demanio militare, oggi, non è quello di voler dialogare con la città».

Cambiando argomento: è sempre convinto della scelta di non concedere il patrocinio alla partita dalle Nazionale di calcio contro Israele?

«È stata la decisione più sofferta presa in questo anno e mezzo di consiliatura perchè la discussione su Israele è un tema che dura da 80 anni. Diciamo che se tornassi indietro non direi né sì né no».

Eppure...

«Lo so, però il mio obiettivo era tenere la città fuori dalla politica tanto da aver dichiarato di essere disponibile a patrocinare l’evento in caso di cessare il fuoco».

Scusi, ma se non ce la fa il presidente degli Stati Uniti d’America a ottenere una tregua può pensare di farcela il sindaco di Udine?

«Il tempo è una risorsa soltanto se c’è la fiducia, anche nella risoluzione dei conflitti».

Nel caso concreto?

«Siccome c’è un conflitto in corso, l’Onu ha dichiarato che entrambi sono colpevoli di crimini di guerra, e un conto è accusare Hamas, un altro uno Stato sovrano, ho cercato di prendere tempo, ma purtroppo non ne ce l’ho fatta. Allora ho provato a tenere Udine fuori dalle polemiche di qualsiasi tipo, anche se non è andata come mi ero immaginato».

Andrà allo stadio per Italia-Israele?

«Conto nel cessate il fuoco. Spero che il tempo esogeno di palestinesi, israeliani e americani mi offra questa possibilità».

Ultima domanda: quando ha vinto le elezioni si immaginava una maggioranza complicata e litigiosa?

«L’innovazione nasce dalla diversità. Se uno decide di guidare una diversità così ampia, deve puntare su maggioranze a geometrie variabili. Sono conscio di guidare una grande arca di Noè in cui ci sono carnivori ed erbivori che non vanno d’accordo, ma sono obbligati a stare insieme per potersi salvare tutti».

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