A Pesaro alla festa dell’Unità, colpo grosso: “Sex work e digital work. La rivoluzione parte da Onlyfans“. Un tanto al chilo di banalità, frasi fatte, ricette che già si sono rivelate fallimentari. Il Pd sembra voler rincorrere Elodie che, in un gesto di rivoluzione inaspettato e antesignano – in ritardo giusto di qualche decennio – decide di spogliarsi per il calendario Pirelli.
Dice, e dicono, che rendersi vulnerabili alla mercé di chiunque sia una nuova forma di emancipazione, così come vendersi su internet come tazzine di caffè. Chissà se fischiettano “cin cin” mentre guadagnano grazie alle fragilità altrui.
I professionisti della salute infatti denunciano che, soprattutto dopo il Covid sempre più giovani e meno giovani fragili, incapaci di una relazione in carne e ossa, vivono una vera e propria dipendenza comportamentale da pornografia che risponde alle stesse regole della dipendenze da sostanza. Il combinato disposto tra device e pornografia, quello di cui si nutre Onlyfans, può creare un vero carcere neurobiologico, in cui la gratificazione non si riesce a soddisfare “con la dose a cui ci si è abituati” e si cercano stimoli sempre maggiori: si inizia con un abbonamento alla creator, la visione di qualche video erotico, si finisce a cercare contenuti sempre più spinti, spesso più violenti e non così di rado trascina all’inferno a cercare anche materiale pedopornografico.
Negli Usa, nel maggio 2021, i siti porno hanno ricevuto più traffico di Twitter, Instagram, Netflix, Pinterest e LinkedIn messi insieme; la ricerca più popolare? «Teen”. Ragazzine rappresentate come macchine riceventi sesso, che rinforzano la credenza che il maschio debba dominare, che normalizzano la pretesa di pratiche estreme, rendendole oggetti; le donne si processano con le sinapsi con cui si processano gli oggetti e addirittura diminuisce l’empatia verso le vittime degli stupri. “Ci penso mi viene lo schifo perché eravamo cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei porno”, uno dei messaggi scambiati dopo il vergognoso stupro di Palermo dello scorso anno, così come sconvolgenti le interviste in cui si giustificava il crimine.
Un ottimo “modo geniale” di fare la rivoluzione: rendere la donna oggetto da esigere, da dominare, carne da macello da sbranare, oggetto da usare. E poi, buttare.
E se vendere genitalità violenta ai giovani, strappando loro la bellezza della sessualità e dell’alterità e del rispetto, è delittuoso, ancora di più è criminale considerare un mestiere come un altro la prostituzione, quando la maggior parte delle donne salvate dalla strada raccontano di essere state stuprate decine e decine di volte. Schiave per soddisfare fantasie erotiche violente altrui.
Di tante parole dette durante questo panel (alla festa dell’Unità, ndr), infatti, condivido solo l’attenzione all’uso del linguaggio, e rivendico la definizione di prostituzione di Rachel Moran, ex prostituta, giornalista e attivista per l’abolizione, che chiarisce senza mezzi termini che non è «né sesso, né lavoro», ma uno «stupro a pagamento» ripetuto, traumatico e devastante per la donna e il fatto che ci sia di mezzo un compenso in denaro non ne cambia la natura. “Ho l’obbligo di dire la verità sui danni che gli uomini fanno alle donne quando, per il loro egoismo sessuale, sono disposti a trattare altri esseri umani come bambole viventi e respiranti. Questi uomini sanno perfettamente il male che fanno nessuno di loro desidera che le loro madri, sorelle e figlie entrino nei bordelli” .
Nel mondo ci sono ragazzine rapite a 12 anni, che hanno già affrontato più di sei tra gravidanze e aborti, che si prostituiscono per aver assicurato un letto e un pasto. E se pure esiste qualcuno che non ha bisogno di soldi, che si prostituisce per piacere, in sicurezza, nella sua villa di proprietà – nessuno glielo impedirà – questo non può far dimenticare che il 90% di chi si prostituisce sono donne, o bambini! Vittime della tratta, e il restante 10 %, meno una nella villa, persone con fragilità economiche, sociali, culturali, o con vissuti traumatici alle spalle.
La tratta criminosa delle schiave del sesso per portata, diffusione e volume di denaro interessato è secondo solo al traffico di droga, per questo, l’unica strada possibile e immaginabile è quella dell’abolizione, cioè del modello nordico: punire sia clienti che protettori, e contemporaneamente politiche attive per le donne perché possano smettere di prostituirsi.
Legalizzarla, invece, è una insopportabile e indegna menzogna: oltre a legalizzare una vergognosa iniquità , aumenta il traffico di donne e bambini, immigrati, rapiti o ingannati dalla criminalità organizzata che li gestisce, e ovviamente aumentano gli abusi: nei bordelli tedeschi – quelli in cui la prostituzione è legale – una delle pratiche più richieste è urinare sopra le donne incinte, e non stupisce che le prostitute abbiano sindrome post traumatica da stress pari ai veterani di guerra (oltre a infezioni gravi, aborti ripetuti, lacerazioni, compromissione del pavimento pelvico, e dell’intestino, come riferisce dettagliatamente la ginecologa tedesca Liane Bissinger dopo aver lavorato presso il Centro per la consulenza sulle malattie sessualmente trasmissibili di Amburgo). Impossibile non commuoversi, poi, di fronte alle storie di queste donne, alla portata di quelnche vivono, alcune raccontate da don Aldo Bonaiuto nel libro “Donne Crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada”.
E tra un video di Onlyfans e l’altro, mentre la banalità del male nutre questo cancro immondo anche tramite un incontro a Pesaro fischiettando cin cin, se leggere dovesse non essere progressista, invito chiunque banalizzi questo dramma e le conseguenze, a guardare il film “Sound of Freedom” che ha il pregio di raccontare la storia vera di Timothy Ballard, un ex agente governativo che lotta contro il traffico di esseri umani minorenni in Colombia. Lo suggerisco insieme ai report con cui ogni anno l’associazione “Meter” di don Fortunato di Noto denuncia l’aumento esponenziale di materiale pedopornografico.
Ecco mi sarebbe piaciuto poter fare una battuta sul fatto che il Pd senta il bisogno di fare una rivoluzione partendo da Onlyfans, ma da donna, da mamma, non mi viene per niente da ridere.
* Portavoce di ProVita & Famiglia
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