In principio fu il gruppo sanguigno. Ora è il Dna. Stiamo parlando di diete, o meglio sarebbe più corretto dire che parliamo - a essere buoni - di marketing, e - a essere cattivi - di bufale, fake news, trappole per creduloni che cercano scorciatoie al dimagrimento. Ebbene, in questa fine estate che ci vede probabilmente con qualche chilo in più dovuto a stravizi, serate con amici, spritz e gelati una sera sì e l’altra pure, ci tocca dare la brutta notizia: scorciatoie non ne esistono e la «miracolosa» dieta del Dna della quale si è parlato sotto tutti gli ombrelloni da Caorle a Taormina, ora come ora non esiste proprio: «Quella che viene definita dieta del Dna» spiega Riccardo Caccialanza, direttore della SC Dietetica e nutrizione clinica dell’Irccs Ospedale San Matteo di Pavia «è solo una trappola per fare soldi: ha molto appeal, perché in questo momento storico c’è la tendenza - giusta- verso la medicina personalizzata, ma alla base non c’è niente: mancano studi clinici affidabili che abbiano valutato l’efficacia di questi regimi dietetici».
Ancora più diretta, se possibile, è Laura Rossi, ricercatrice del Crea Alimenti e nutrizione, che per spiegare come (non) funzionino i kit per identificare il profilo genetico che vengono direttamente spediti a casa, a caro prezzo, dai «santoni» della dieta del Dna, usa una metafora molto calzante: «Questi kit identificano pochissimi geni e alleli (le varianti di sequenza di un gene, ndr), quindi è come se pretendessimo di vedere Roma dal buco di una serratura: vediamo una porzione infinitamente piccola e ci perdiamo l’insieme».
Ci perdiamo anche i soldi, spesso tanti: perché questi kit, talvolta frutto di start up ben finanziate e molto pompate dai media possono arrivare a costare anche 300 euro, per poi dare indicazioni dietetiche talmente banali e scontate che potremmo ottenerle facilmente, gratis, dal vicino di ombrellone. Ma siccome la dietetica, purtroppo, si è trasformata in marketing, ecco che ti vendono il kit e poi magari ti dicono che in base al tuo Dna devi togliere dalla dieta carboidrati, zuccheri, alcolici e fritture: «Bella scoperta» prosegue Caccialanza. «Se tolgo questi alimenti e pertanto restringo drasticamente le calorie, è probabile che perda qualche chilo, succede con tutte le diete ipocaloriche e non c’è bisogno delle analisi genetiche per scoprirlo. Peccato che a seguire, senza un adeguato programma di supervisione nel tempo, li riprendi subito e che probabilmente il regime alimentare squilibrato avrà delle ripercussioni sulla salute».
Già, perché è bene ricordare che non sono più i tempi delle diete improvvisate o comprate dal guru o nutrizionista di turno dal quale è andata l’amica o il collega riuscendo a perdere tre chili: adesso, con l’avanzare della ricerca scientifica e delle scoperte sullo stretto legame tra stomaco-intestino-mente, è chiaro che per intraprendere una dieta sensata, che non faccia danni al nostro organismo e consenta di mantenere i risultati nel tempo, occorre la scienza: «Spingere le persone verso un certo tipo di comportamento alimentare» avverte il medico del San Matteo «è una grossa responsabilità in termini di salute e qualità di vita, sia fisica che mentale. E invece si fanno soldi facili con una sorta di persuasione e fascinazione. Già ora il 70 per cento del mio lavoro di clinica ambulatoriale è riportare sulla terra chi si rivolge a me, rassicurarla sul fatto che possono mangiare una fetta di torta o bere un bicchiere di vino ogni tanto. Questo del Dna è un approccio non scientificamente provato e potenzialmente dannoso, come è stato quello delle diete basate sui gruppi sanguigni: se sei del gruppo 0 devi mangiare carne, se sei del gruppo A mangi legumi e pesce. Follia pura, senza il minimo dato scientifico a supporto». Follia pericolosa, perché per una prescrizione dietetica corretta occorrono anche esami e analisi accurate: è fondamentale, infatti, tenere in considerazione la funzione renale, epatica, cardiaca e le possibili patologie preesistenti, per non rischiare che invece di dimagrire si finisca per ammalarsi seriamente: «Cosa accade invece di frequente?» conclude Caccialanza, «ti dicono, magari, di togliere tutto tranne che le proteine, perché il tuo profilo genetico (su che base specifica validata?) o il tuo gruppo sanguigno tollera solo quelle: ma, per esempio, se hai la sfortuna di avere una predisposizione a problemi renali, rischi un’insufficienza».
Perché, allora, il passaparola su quella che è una dieta basata sulla sprovvedutezza scientifica è così forte e insistente, e non c’è persona che negli ultimi mesi non ne abbia sentito? C’entra molto l’aspetto psicologico: «Più o meno tutte le diete» spiega Rossi «hanno il difetto di essere noiose. Si va dal dietologo, si torna a casa con un regime alimentare di restrizione calorica che viene percepito come «sempre la stessa cosa da anni»: il paziente si demotiva e non lo segue. Se invece compri il kit, fai il test con la saliva -e già questa cosa ti sembra scientifica- con l’illusione di avere una dieta personalizzata, fatta solo per te, hai più motivazione e magari la segui per qualche settimana in più. Ti vedi dimagrito e pensi che sia merito del Dna. E invece no, hai solo ridotto drasticamente le calorie: non serviva il kit e nemmeno i 300 euro sprecati».
Ma sarebbe sbagliato buttare via anche il bambino con l’acqua sporca: perché nulla esclude che tra molti anni possa esserci una svolta nella dietetica, e il nostro patrimonio genetico potrebbe darci davvero una mano: «Partiamo da un paradosso» precisa Rossi. «Tra 50 anni, tarare la consulenza alimentare sulla base di una certa predisposizione genetica potrebbe essere una strada. Ma per ora siamo ancora molto lontani. Per ottenere risultati occorrono laboratori evoluti e la capacità di leggere questi sistemi complessi con apparecchiature di bioinformatica. E per validare queste diete occorrono studi basati su trial condotti con metodo scientifico. adesso non c’è nulla di tutto questo».