Per l’avvio della vendemmia 2024 si può prendere a prestito, storpiandolo, uno dei versi più famosi dell’Inferno di Dante Alighieri anche perché il Conte Gaddo della Gherardesca, erede diretto di Ugolino, ha inaugurato nel maggio scorso la sua cantina a Bolgheri: «Più dell’onor potè il digiuno». Tra un annuncio di catastrofe ambientale e uno di desertificazione ciò che preoccupa chi fa vino sul serio è il mercato.
Alle bizzarrie del tempo gli agricoltori ci sono avvezzi: il campo o la vigna sono le sole «fabbriche» senza tetto. La Coldiretti annuncia una vendemmia anticipata di una quindicina di giorni, con possibili cali produttivi qua e là e, per rafforzare la sua campagna pro invasi, ha ribadito: la siccità ha compromesso le uve in Sicilia. Da Donnafugata - azienda guidata dall’imprenditrice Josè Rallo - le cose sembrano andare diversamente. Hanno cominciato il raccolto a fine luglio, senza allarmi, nella zona di Contessa Entellina. La viticoltura di precisione con l’ausilio dell’intelligenza artificiale che elabora meteo, stato delle piante, riserve idriche fa sì che la vendemmia proceda con buona prospettiva in tutti i territori siciliani dove Donnafugata ha vigna, compresa Pantelleria, dove è piovuto pochissimo ma l’uva è tanta e buona. Le vigne hanno retto bene allo stress idrico e anzi il caldo ha aiutato da evitare attacchi di parassiti quali la peronospora, che l’anno scorso quasi dimezzò il raccolto.
«Se una preoccupazione dobbiamo averla non è sulla siccità» ribadisce Marco Caprai il «creatore» dell’umbro Sagrantino di Montefalco come rosso icona internazionale. «In tutto il Centro Italia sarà un’ottima annata e anche abbondante. Sarà una raccolta lunga: 100 giorni almeno. Semmai dobbiamo affrontare un calo di consumi significativo, tenere sull’export e comprendere che i consumatori stanno andando verso vini più leggeri. Continuare a lanciare allarmi sulla produzione non serve. Il tema è ridare slancio al prodotto, recuperare redditività: dall’incremento dei costi di produzione degli ultimi tre anni non ci siamo ancora ripresi. Le mie previsioni, nelle vigne stiamo completando la raccolta dei bianchi, sono che recupereremo la leadership mondiale in quantità di uva dopo la vendemmia dello scorso anno che fu, quella sì, disastrosa con un calo di oltre 11 milioni di ettolitri».
Sandro Bottega uno dei produttori di punta del Prosecco, vino che come tutti gli spumanti italiani è in continuo progresso sia sul mercato interno che all’estero, dal Veneto pone l’accento sulla necessità che i vignaioli facciano fronte alle nuove condizioni. «Nonostante il clima estremo, gli interventi sulle piante hanno avuto effetto. Abbiamo impiegato tecniche di lavorazione che si possono effettuare solo manualmente e permettono di garantire una qualità eccezionale, anche se a costi elevati». I pronostici sono incoraggianti: «Nell’area del Prosecco, dopo le piogge persistenti e le temperature più basse della media nei mesi di maggio e giugno, il mese di luglio ha avuto temperature molto alte» sostiene Bottega. «Le uve stanno maturando bene. Vendemmieremo attorno al 10 di settembre. A giugno abbiamo goduto per alcuni giorni di una forte escursione termica che dovrebbe fare della 2024 un’annata di straordinario livello». Lo stesso vale per la Franciacorta, dove si è vendemmiato da Ferragosto, per l’Oltrepò Pavese, dove le basi spumante sono abbondanti e buone. Piemonte e Nord-est hanno raccolta regolare, in Collio si spera in bianchi di altissimo livello. Anche al Sud per i rossi si prevede - tra Campania, Basilicata e Puglia - una raccolta non in emergenza per il clima mentre la fascia adriatica - dalla Romagna al Molise passando per Marche e Abruzzo - ha buone prospettive. Soprattutto nelle Marche la vendemmia delle uve bianche è regolare e promette bene. Semmai una preoccupazione l’hanno i produttori in biologico al Nord: le piogge richiedono più trattamenti col rame e i disciplinari non lo consentono.
Il problema dunque non è il meteo avverso, ma ritrovare un ottimo clima di mercato. Le ragioni sono tante ma, scrive WineNews il più autorevole portale del settore - c’è n’è una decisiva: il vino ci fa ricchi. L’American Association of Wine Economists, ha stabilito quale Paese ha la ricaduta maggiore in termini economici dalla bevanda: la Nuova Zelanda esporta per un valore di 253,2 dollari pro capite, davanti alla Francia con un valore di 188,2 dollari e all’Italia con 142,6 dollari. Però noi siamo i primi esportatori in volume e secondi per valore, quest’anno torneremo a essere anche primi per produzione (una stima prevede 42-44 milioni di ettolitri) anche perché la Francia ha forti cali produttivi in Borgogna mentre nella Napa Valley californiana, c’è soddisfazione, come in Spagna. Di vino ce n’è; di sicuro basta per brindare alla salute dei catastrofisti ambientali.