di Dalia Ismail*
Dopo l’attacco di rappresaglia di Hezbollah contro Israele avvenuto domenica 25 agosto, il segretario generale del gruppo politico libanese, Hassan Nasrallah, ha dichiarato di aver colpito la base di intelligence militare israeliana di Glilot, insieme ad altri obiettivi. Questo assalto è stata una risposta all’uccisione di Fuad Shukr, comandante militare di Hezbollah, avvenuta il 30 luglio a Dahiya, un sobborgo meridionale di Beirut.
Nasrallah ha comunicato che il movimento militante ha lanciato un totale di 340 razzi Katyusha, noti per il loro impatto devastante ma imprecisi e usati come strumenti di saturazione piuttosto che di precisione, oltre a diversi droni contro gli obiettivi designati. Ha sottolineato che la scelta dei target è stata effettuata secondo criteri rigorosi, per evitare di colpire aree civili e infrastrutture, concentrandosi invece su obiettivi militari strategici all’interno del territorio israeliano, tutti strettamente correlati all’assassinio di Shukr. Nasrallah ha spiegato che l’intento dietro il lancio dei razzi Katyusha era quello di sovraccaricare per brevi istanti il sistema di difesa Iron Dome israeliano, permettendo così ai droni di colpire i loro obiettivi.
Nonostante Israele riesca frequentemente a neutralizzare gli attacchi provenienti dai gruppi militanti dell'”Asse della Resistenza”, evitando danni significativi, gli obiettivi strategici di questi gruppi, consapevoli delle loro limitate risorse rispetto a quelle israeliane e della loro volontà di non ampliare il conflitto, si concentrano nel causare perdite economiche a lungo termine a Israele. Hezbollah e gli altri membri dell‘”Asse della Resistenza” mirano così a infliggere danni sostenibili nel tempo, piuttosto che cercare conquiste militari immediate.
Le conseguenze economiche del conflitto con Hezbollah: disagi, rallentamenti e vulnerabilità in Israele
Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano The Times of Israel, l’attacco di Hezbollah ha causato dei disagi in Israele, con l’aeroporto Ben Gurion chiuso per quasi due ore la mattina di domenica e dozzine di voli diretti a Tel Aviv rinviati o cancellati. Inoltre, le autorità israeliane hanno imposto restrizioni su raduni e attività educative nelle zone a nord di Tel Aviv per gran parte della mattinata di domenica, ma queste sono state revocate nel pomeriggio, permettendo un ritorno lento alla normalità.
Un’analisi di Al Jazeera Arabic dimostra che, nell’ultimo periodo, l’economia israeliana è sotto pressione proprio a causa della guerra sul fronte libanese contro Hezbollah. Secondo il Centro Studi di Economia e Commercio (Globes), i settori primari più colpiti da questa situazione sono quelli del turismo e delle costruzioni, mentre altri, come i servizi e l’agricoltura, subiscono effetti minori. Una delle principali preoccupazioni per Israele riguarda il cosiddetto “elenco degli obiettivi” che Hezbollah ha dichiarato di voler colpire in caso di conflitto ampio. Questo elenco è stato reso noto attraverso un video rilasciato dal partito libanese, nel quale vengono mostrati dettagli specifici di infrastrutture strategiche e vitali per l’economia e la sicurezza israeliana. Tra questi obiettivi ci sono importanti siti come aeroporti, centrali elettriche e altre installazioni critiche.
In questa analisi della situazione attuale, sono citate anche le ripercussioni della guerra del 2006, che avevano avuto un forte impatto sull’economia israeliana, causandole danni notevoli e portando a una crisi di fiducia nell’ambito dell’investimento e del turismo. Le recenti tensioni hanno portato a significativi impatti economici in Israele. Un’interruzione di energia per 72 ore potrebbe causare gravi difficoltà, dato che la rete elettrica presenta vulnerabilità e la produzione di energia rinnovabile non è come previsto. Il settore turistico ha visto un calo dell’80% dei visitatori, con voli verso Israele annullati e restrizioni che limitano l’accoglienza.
Gli attacchi di Hezbollah hanno reso inaccessibili per l’agricoltura le aree settentrionali, vitali per la produzione alimentare. Inoltre, la crisi economica ha sollevato preoccupazioni tra i leader aziendali, con richieste di elezioni anticipate e stime di costi di guerra fino a 67 miliardi di dollari, pari al 15% del Pil annuale. Il Pil pro capite è sceso per la prima volta in otto anni e si prevede un grande deficit di bilancio nel 2024.
Israele si difende bene ma spende molto per riuscirci
Secondo David Daoud, esperto in affari riguardanti Hezbollah e Israele, Hezbollah riesce a lanciare razzi a un costo estremamente contenuto, stimato tra i 100 e i 150 dollari per razzo. Nel contesto di un potenziale conflitto aperto, se Hezbollah dovesse lanciare tra 1.000 e 1.500 razzi al giorno, il costo complessivo si aggirerebbe tra i 100.000 e i 225.000 dollari, il che rappresenta una spesa relativamente modesta per l’organizzazione. Al contrario, Israele deve affrontare costi significativamente più elevati per difendersi contro questi attacchi. Ogni intercettore del sistema Iron Dome, utilizzato per neutralizzare i razzi lanciati da Hezbollah, ha un costo stimato tra i 40.000 e i 50.000 dollari. Se Israele dovesse tentare di intercettare anche solo 1.000 razzi al giorno, la spesa giornaliera si rivelerebbe compresa tra i 40 milioni e i 50 milioni di dollari.
Questa disparità economica mette in evidenza la sfida che deve affrontare Israele: mentre Hezbollah può esercitare una pressione continua a basso costo, le misure di difesa israeliane comportano un importante impegno finanziario, creando una vulnerabilità economica nel lungo periodo per il paese. Già l’attacco iraniano contro Israele, avvenuto nella notte del 13 aprile, ha evidenziato un notevole squilibrio nei costi militari tra i due stati nemici. L’Iran ha lanciato una misurata offensiva utilizzando 170 droni Shahed-136, la cui produzione costa solo circa 50.000 dollari ciascuno, secondo The Washington Post. In contrasto, Israele ha speso oltre un miliardo di dollari per intercettare gli attacchi, grazie a un sofisticato sistema di difesa missilistica e il supporto di forze militari americane e britanniche. Questo scenario illustra come l’Iran e i suoi alleati, grazie alla loro capacità di produrre droni e razzi a basso costo, possano condurre operazioni militari con un investimento marginale, mentre Israele deve affrontare un impegno finanziario molto più elevato per neutralizzare le loro minacce.
Nonostante la netta superiorità militare di Israele, i suoi nemici, consapevoli delle proprie limitazioni in termini di risorse, adottano strategie che puntano su un approccio lento ma deleterio nel lungo termine. Utilizzando tattiche di saturazione, gruppi militanti come Hezbollah, Hamas e gli Houthi, nonché l’Iran stesso, sfruttano i costi elevati che Israele deve sostenere per la difesa, creando una pressione costante. Queste strategie, pur non portando a vittorie militari immediate, mirano a indebolire progressivamente l’economia del paese, trasformando il confronto in una sfida di resistenza e sostenibilità piuttosto che di forza bruta.
L'articolo La guerra di Hezbollah ad Israele è soprattutto economica: ora la sfida è resistere nel tempo proviene da Il Fatto Quotidiano.