Serve riavvolgere il nastro del tempo di qualche decina d’anni, a quando le vacanze dei ragazzi scivolavano dentro l’autunno e la prima campanella suonava allo scoccare d’ottobre. Altre estati, altre temperature. Che certo studenti e insegnanti, tornati a immergersi in questa estate caldissima, rimpiangono.
Anche in Veneto sono iniziati gli esami di riparazione. Ancora continua il rituale delle domeniche al mare, alla ricerca del fresco. Ma già alunni e professori si sono rituffati nella bolgia di aule roventi, palazzoni in cemento, lenzuoli di finestre trafitti da un sole che non ne vuole sapere di rannicchiarsi nell’autunno. Edifici vecchi, per la maggior parte costruiti più di 50 anni fa, inadatti a riconvertirsi alle nuove esigenze che si affacciano.
Nelle aule scolastiche, gli impianti di condizionamento sono una chimera: fanno capolino in appena sei plessi su cento e, per la maggior parte, sono confinati negli uffici amministrativi e dirigenziali. Le temperature nelle classi non dovrebbero superare i 26 gradi, ma è una regola rispettata davvero di rado. E allora valgono i vecchi metodi: i ventilatori, che rimestano aria calda, restituendola a studenti già accaldati, di fronte a esami da “dentro o fuori”.
Intanto, si avvicina l’avvio dell’anno scolastico, in Veneto mercoledì 11 settembre. Accompagnato da un meteo che non intende dare tregua.
Per questo, si sono mossi alcuni sindacati e associazioni dei professori, con una lettera al ministro Giuseppe Valditara, per chiedere il posticipo dell’anno scolastico al primo ottobre. «Le aule sono roventi, i condizionatori assenti praticamente ovunque. Il clima sta cambiando, bisogna sapersi adattare. E il posticipo delle lezioni al primo ottobre sarebbe una decisione di buonsenso» fa presente Rita Fusinato, segretaria veneta del sindacato Anief.
Dopo quelli altoatesini e trentini, gli studenti veneti saranno i primi a tornare in aula, per il prossimo anno scolastico. L’ingresso a scuola terminerà lunedì 16 settembre, in alcune regioni del centro e del sud Italia, ma pure in Emilia Romagna.
«Mi auguro che, di fronte a situazioni particolarmente complicate, i dirigenti scolastici informino gli enti locali e questi agiscano di conseguenza, cercando di risolverle – commenta Armando Tivelli, presidente dei presidi veneti – In ogni caso, non credo che posticipare le lezioni sia una buona soluzione». Anche perché l’anno scolastico deve prevedere almeno 200 giorni di lezione e posticiparne l’inizio significherebbe prorogarne la fine, con una nuova battaglia con il meteo.
Ma associazioni e sindacati guardano la temperatura segnata sul termometro ora e chiedono provvedimenti. Romano Pesavento, a capo del Coordinamento nazionale docenti per i diritti umani, si è rivolto ufficialmente alla presidente della Società italiana di pediatria, Annamaria Staiano, al presidente della Federazione italiana medici pediatri, Antonio D’Avino, e alla presidente dell’Associazione nazionale pedagogisti, Maria Angela Grassi, chiedendo un parere sul posticipo delle lezioni al primo ottobre, ricordando anche che «l’età media dei docenti è abbastanza elevata».
La lettera è sul tavolo del ministro. Si tratta sostanzialmente di una provocazione, che ha ben poche chance di trasformarsi in un provvedimento vero e proprio. Ma il fatto che il clima stia cambiando è nella realtà delle cose e, allora, prima o poi bisognerà pur fare qualcosa.