di Toni Nadal, pubblicato da El Pais il 26 agosto 2024
A poche ore di dall’inizio del quarto Grande slam dell’anno, lo US Open, la notizia più rilevante continua ad essere la doppia positività per clostebol in cui è incorso Jannik Sinner nel mese di marzo. Dopo le pertinenti spiegazioni date tanto dal giocatore quanto dal suo team, mi risulta limpidamente chiara la volontà dell’italiano di non delinquere e, ancor meno, di cercare di ottenere alcun vantaggio attraverso l’uso di sostanze proibite.
Conosco a sufficienza il giocatore da poter affermare senza esitazione che è uno dei più corretti ed educati del circuito. Mi risulta impensabile che possa agire fraudolentemente in maniera consapevole. All’interno del suo team è stato commesso un errore che è stato sufficientemente pagato, a mio parere, con la sanzione economica che ha imposto la Federazione internazionale tennis (ITF) di 325mila dollari (290mila euro) e la perdita di 400 punti.
La quotidianità dei giocatori è, a volte, esageratamente vulnerabile sotto questo punto di vista. Qualsiasi scivolone o errore sfortunato può provocare una punizione molte volte esagerata. Ricordo, per citare un solo esempio, un caso che abbiamo vissuto da vicino durante i miei anni nel circuito: la sanzione imposta a un doppista argentino che, con evidenti problemi di alopecia, usava abitualmente un farmaco che, da un anno all’altro, è entrato a far parte della lista di prodotti proibiti. I dirigenti sapevano, evidentemente, che in quel tennista non c’era stata intenzione di ottenere un vantaggio illecitamente. E ciononostante, spinti a ribadire il proprio impegno verso un gioco pulito e consapevoli, per di più, dello scarso peso che aveva quel giocatore, hanno voluto che cadesse su di lui tutto il peso della legge.
In questi giorni si rimprovera a questi stessi dirigenti la disparità di trattamento che hanno usato perché, nel caso di cui ci occupiamo, hanno considerato che non dovevano punire Sinner. Mi colpisce molto che alcuni mezzi di comunicazione, invece di rinfacciare loro le pene esagerate inflitte in altre occasioni, esigano adesso una pena simile per l’attuale numero uno della classifica ATP. Che ci sia gente che senza una piena conoscenza di ogni caso sia sempre pronta a esprimere pareri, giudicare e soprattutto condannare gli altri non smette di essere sorprendente.
Tuttavia mi inquieta molto di più che ciò avvenga da dentro lo stesso circuito tennistico, che alcuni suoi compagni si siano schierati contro di lui. Non capisco come proprio alcuni dei suoi colleghi – tennisti che con ogni probabilità si sono allenati con lui o lo hanno affrontato come rivale e che conoscono alla perfezione l’implacabile controllo che esercita su tutti loro l’Agenzia mondiale antidoping (con speciale attenzione sui tennisti meglio classificati; chiedete a loro, se non ci credete) – siano quelli che seminano dubbi sulla sua innocenza o direttamente chiedano che si infligga a lui una pena che sanno con certezza che è sproporzionata.
Per il bene di una società sana, tanto in questi casi come in molti altri, bisognerebbe ricordare, e non ricadere, nella frase di uno dei principali letterati e pensatori della storia tedesca, Johann Wolfgang von Goethe: «La malvagità non ha bisogno di ragioni, le basta un pretesto».
Come ha indicato Jannik, questo non è il modo migliore di affrontare un torneo di questo livello. L’incognita verrà sciolta nei prossimi giorni. Spero e mi auguro che la soluzione sia positiva e che il gran giocatore italiano possa competere lontano da tutte queste polemiche e che, una volta di più, il suo tennis contribuisca a farci godere questo grande evento.
Traduzione di Alessandro Condina