Oganno la caccia agli evasori gli chiedesse come facessero a campare.
Sì, la lotta ai furbi, che secondo le statistiche sottrarrebbero alle pubbliche casse tra 80 e 100 miliardi di euro di imposte l’anno, è piena di incongruenze, e quella dei connazionali che non hanno introiti è una di queste. Un’altra riguarda i possessori dei cosiddetti beni di lusso, a cominciare dalle supercar. Non so se ricordate, ma nel 2011, appena divenuto presidente del Consiglio, mister Loden, al secolo Mario Monti, spedì le pattuglie della Guardia di finanza a Cortina e Forte dei Marmi a fermare le auto di grossa cilindrata. La plateale operazione fu strombazzata nei tg e sulle prime pagine come il primo segnale che la musica nei confronti dei furbi che non fanno i conti con il Fisco era cambiata. In realtà, dare l’altolà alle Ferrari o alle Porsche non ha portato grandi risultati, se non un po’ di propaganda per il governo dei professori. A quei tempi, feci una breve ricerca presso il Pubblico registro automobilistico e i bolidi registrati erano poco più di 600 mila. Mettendo al lavoro 60 impiegati che ogni giorno facessero i controlli su 50 veicoli, in 200 giorni, vale a dire in un anno considerando ferie, weekend e festività varie, l’Agenzia delle entrate avrebbe potuto passare al setaccio i redditi di ogni singolo proprietario d’auto di lusso, incrociando le entrate con le uscite verso le casse pubbliche. In una trasmissione televisiva qualcuno obiettò che esistono i prestanome: vero, ma se c’è una pensionata con assegno al minimo che ha intestate tre Ferrari, due Rolls Royce e quattro Porsche, forse c’è qualche cosa che non va. Insomma, proprio come non si chiede a quei milioni di italiani come fanno a vivere senza avere un reddito, forse invece di mandare le Fiamme gialle a fermare le auto si poteva fare qualche cosa di più semplice ed efficace.
In questi giorni di vacanza poi, mi è capitato di leggere sul Corriere della Sera due notizie che hanno stimolato in me un’altra semplice riflessione. Nel primo articolo si parlava del fatto che alcune categorie dichiarino troppo poco rispetto alla comune percezione e ovviamente nel mirino c’erano i soliti idraulici accompagnati da altre categorie di lavoratori autonomi. Nel secondo articolo invece, si spiegava che quelli un tempo ritenuti grandi evasori, cioè i dentisti, oggi sono in regola con le stime dell’Agenzia delle entrate. Insieme a loro, tra i professionisti ritenuti affidabili dal punto di vista fiscale, ci sarebbero i medici, i fisioterapisti, i notai, i commercialisti e i ragionieri. Perché alcuni dichiarano il dovuto e altri no, si chiedeva il giornalista, il quale poi concludeva dicendo che a far rientrare alcune categorie tra i contribuenti virtuosi sarebbero le detrazioni, ovvero la possibilità di inserire nella dichiarazione dei redditi le spese sostenute per le cure mediche o per alcuni servizi. In pratica, a evitare che ci sia chi non paga le tasse sarebbe quello che gli esperti chiamano «contrasto di interessi». Il malato che va dal medico, se può dedurre la parcella del dottore è incentivato a chiedere la fattura e lo stesso fa chi va dal dentista.
Dunque, è inutile ogni anno parlare di evasione fiscale, lasciando che lo Stato tartassi i contribuenti onesti. Se si vuole risolvere il problema dei furbi, basta fare le cose più semplici: indagare su chi dichiara zero redditi, incrociare i dati sui possessori di auto di lusso e utilizzare i contribuenti come agenti del Fisco: se chi paga è incentivato a detrarre il conto del ristorante o la fattura del meccanico si otterrà lo stesso risultato avuto con dentisti e medici. Troppo facile? È vero, è per questo motivo che qualcuno preferisce mandare la Guardia di finanza a fermare le «supercar».