PAVIA. Aumentano i pensionati, diminuiscono i lavoratori. In Provincia di Pavia gli occupati sono appena 6mila in più rispetto ai “ritirati dal lavoro”. I primi sono 233mila, i secondi 227mila: un dato che emerge dallo studio della Cgia di Mestre che ha elaborato dati Istat e Inps. Un dato, secondo l’ufficio studi dell’associazione artigiani, allarmante soprattutto perché mostra come il sorpasso dei pensionati rispetto agli occupati sia sempre più vicino, con la conseguenza che garantire il welfare sarà sempre più difficile visto che sono i lavoratori attivi a garantire il pagamento delle pensioni e delle prestazioni sociali.
Malissimo il Sud, male il Nord
Dallo studio della Cgia emerge che nel Mezzogiorno già ora si pagano più pensioni che stipendi, ma nel giro di qualche anno il sorpasso è destinato a compiersi anche nel resto del Paese. «Secondo alcune previsioni – scrive l’ufficio studio della Cgia – entro il 2028 sono destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età 2,9 milioni di italiani, di cui 2,1 milioni sono attualmente occupati nelle regioni centrosettentrionali. È evidente, vista la crisi demografica in atto, che difficilmente riusciremo a rimpiazzare tutti questi lavoratori: gli assegni erogati dall’Inps sono destinati a superare le buste paga degli operai e degli impiegati occupati nelle nostre fabbriche e nei nostri uffici, anche nelle ripartizioni geografiche del Centro e del Nord, mettendo così a rischio la sostenibilità economica del sistema sanitario e previdenziale.
Dall’analisi del saldo tra il numero di occupati e le pensioni erogate, la provincia più squilibrata d’Italia è Lecce: la differenza è pari a -97mila (quindi 97mila pensionati in più rispetto agli occupati) . Seguono Napoli con -92mila, Messina con -87mila, Reggio Calabria con -85mila e Palermo con -74mila. Va segnalato che l’elevato numero di assegni erogati nel Sud e nelle Isole non è ascrivibile alla eccessiva presenza delle pensioni di vecchiaia (o anticipate), soprattutto all’elevata diffusione dei trattamenti sociali o di inabilità.
Se al Sud il sorpasso è sostanzialmente già avvenuto, al Nord si prepara.
Sono 11 le province settentrionali che registrano un numero di pensioni erogate superiore alle buste paga : Sondrio (saldo pari a -1.000), Gorizia (-2mila), Imperia (-4mila), La Spezia (-6mila), Vercelli (-8mila), Rovigo (-9mila), Savona (-12mila), Biella (-13mila), Alessandria (-13mila), Ferrara (-15mila) e Genova (-20mila). Tutte le 4 province della Liguria presentano un risultato anticipato dal segno meno, mentre in Piemonte sono tre su otto.
In Lombardia solo a Sondrio il sorpasso è già avvenuto con mille pensionati in più rispetto agli occupati La realtà più virtuosa d’Italia è la Città metropolitana di Milano (differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati pari a +342mila). Seguono Roma (+326mila), Brescia (+107mila), Bergamo (+90mila), Bolzano (+87mila), Verona (+86mila) e Firenze (+77 mila).
Le cause
Ma perché i pensionati stanno superando i lavoratori attivi anche nelle province dove l’incidenza degli assegni sociali non è estremamente elevata? I motivi sono sostanzialmente tre: la denatalità, l’aumento dell’aspettativa di vita e la fuga dei cervelli. La denatalità, in atto da tempo, fa sì che il ricambio generazionale sia sempre più difficile per la diminuzione di giovani in ingresso nel mondo del lavoro. L’aumento dell’aspettativa di vita, invece, fa sì che gli assegni pensionistici sia versati per più anni rispetto al passato. Ultimo ma non meno importante fenomeno da considerare è quello della fuga dei cervelli: dalle province che offrono meno occasioni i giovani talenti sono spinti ad emigrare verso realtà più stimolanti (il dato di Milano in Lombardia è significativo) “trasferendo” così la busta paga.