Erik Zorzi è in carcere, è l’8 luglio scorso e il pm Maria D’Arpa lo sta sottoponendo all’interrogatorio. Il magistrato accende la registrazione audio delle fasi in cui il 42enne commette l’omicidio dell’ex moglie Nicoleta Rotaru.
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Lui nega anche di fronte a quell’evidenza, per quanto sonora: «Ricordo quanto accaduto», replica. «Per dormire avevo assunto un farmaco e forse mi ero addormentato. Ribadisco di non avere ucciso Nicoleta e che lei da sola si chiuse in bagno».
Lo ribadisce più volte, lo ripete. Si dice consapevole di «essere stato fuori dagli schemi», ma chiaramente nega: «Io non l’ho uccisa».
Eppure ci sono degli aspetti – al di là, come se fosse poco, della diabolica messinscena del bagno – che in qualche modo evidenziano un Erik timoroso di quello che può emergere sul suo conto, sul rapporto con Nicoleta, su eventuali moventi a quella morte.
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Lo si evince, ad esempio, da quanto raccolto con le figlie nel corso delle audizioni svolte a scuola con l’ausilio di una psicologa. La più piccole rivela di aver ricevuto dal papà la consegna del silenzio su tutto ciò che riguardava la mamma e su quanto era accaduto in quelle ultime ore dell’1 e 2 agosto. Sapeva che le due bimbe sarebbero state prima poi ascoltate in merito, temeva che potessero instillare dubbi su di lui. Certo, poteva confermare che i due litigavano, ma nulla di più: difficile trovare una famiglia in cui manchino gli scontri, più o meno importanti, tra coniugi. La bimba fatica a rispondere alla psicologa proprio per la paura di eventuali reazioni del padre.
C’è poi un altro aspetto che tratteggia un uomo che vuole tenere lontani i dubbi sul proprio conto.
Nei giorni successivi alla morte della convivente, Erik contatta più volte (almeno tre) il nuovo partner di Nicoleta, lo stesso con cui lei aveva passato l’ultima sera in vita e a cui – tra l’1.28 e l’1.41, nella notte dell’uccisione – aveva scritto alcuni messaggi confidando l’atteggiamento persecutorio dell’ex marito. Erik, tra le altre cose, insiste con il partner di Nicoleta: vuole sapere dove è il pc fisso su cui la donna aveva scaricato le registrazioni dei loro litigi.
Se è vero che Erik è ignaro della registrazione del 2 agosto, quella che lo incastrerà, è anche vero che conosce l’abitudine dell’ex moglie di tenere memoria digitale dei loro momenti più accesi.
L’intento è chiaro: cancellare ogni traccia che potesse ricondurre la colpa di quanto accaduto a lui.
Il pubblico ministero, in questo senso è chiaro, e nell’ordinanza che dispone la custodia cautelare in carcere, a marzo, parla di «lucidità manifestata dall’uomo anche nei mesi successivi».