Jannik Sinner torna a parlare del suo caso alla vigilia dello US Open, in cui l’azzurro è testa di serie numero 1 nonché uno dei principali candidati per la vittoria del titolo. Il 23enne di Sesto, intervistato dall’emittente statunitense ESPN, ha ribadito come l’ITIA e tutte le autorità dell’antidoping abbiano trattato il suo caso seguendo le regole e come avrebbero fatto con tutti gli altri tennisti se si fossero trovato nella stessa situazione. “Il motivo per cui ho potuto continuare a giocare – ha spiegato Sinner – è perché sapevamo esattamente da dove proveniva la sostanza incriminata e com’era entrata nel mio organismo. Abbiamo capito subito quale fosse il problema e per questo lo abbiamo detto immediatamente alle autorità, spiegando tutto per filo e per segno. Non ho avuto un trattamento diverso dagli altri, il processo è stato molto lungo e non è stato un periodo semplice. Capisco che la posizione che ricopro in questo momento mi ha permesso di poter avere un ottimo team legale, ma questo non significa che sono stato trattato diversamente dagli altri. È stato un momento pieno di dubbi e di incertezze, ma adesso è tutto finito, mi sento meglio, più leggero. Posso dire che non auguro a nessun giocatore di passare quello che ho passato io e spero che la gente capisca il perché ho potuto continuare a giocare. Adesso guardiamo avanti”.
“Mi sono ammalato spesso, ho passato diverse notti insonni pensando al procedimento in corso, non avevo energie e tutto questo si è visto, ad esempio, a Wimbledon. Ci sono stati dei problemi fisici, forse anche dovuti alla situazione che avevo dentro, mi sentivo diverso in campo e non ero felice, non ero me stesso – ha ammesso, poi, il campione degli Australian Open –. Spero di riuscire a voltare pagina. So che ci vorrà ancora un po’ di tempo, ma spero di tornare ad essere felice. Ogni torneo che ho giocato avevo ed ho ancora, anche per questo US Open, delle basse aspettative. Fisicamente, per quello che è successo, per i malanni e per altro, non sono dove vorrei e ancora non mi sento me stesso. Continuare a giocare non è stato facile, ma nella mia testa sapevo di essere innocente e questo ha mi aiutato”.