Raggirati con l’inganno, attratti da promesse di ingenti somme di denaro, ricattati e poi, una volta espressa la propria volontà di tornare a casa, minacciati di venire condannati a quindici anni di carcere per diserzione. È il destino che riguarda numerosi lavoratori emigrati in Russia che vengono arruolati nelle file dell’esercito e mandati sul fronte ucraino per combattere. A distanza di mesi dalla cattura, avvenuta nel pieno dei combattimenti sul fronte orientale, la Deutsche Welle è riuscita a intervistare telefonicamente alcuni di loro, ora detenuti in campi per prigionieri di guerra (Pow) in Ucraina occidentale, in condizioni di anonimato e sotto il controllo del personale militare ucraino che si è, però, mantenuto al di fuori della conversazione. Si tratta generalmente di uomini di giovane età, schiacciati fra povertà e crisi economica nei loro paesi d’origine, a cui vengono promessi grandi compensi e talvolta anche la cittadinanza russa, anche per le loro famiglie. In cambio, il ministero della difesa di Mosca chiede loro di firmare un contratto per lavorare nelle forze armate.
Sri Lanka, India, Nepal, Kirghizistan, Tagikistan, Sierra Leone, Somalia e Cuba. Sono queste le principali nazioni che interessano le reclute extraterritoriali di Mosca, denunciate dall’emittente tedesca e non solo. Secondo l’agenzia Bloomberg sono migliaia gli individui ingaggiati negli ultimi mesi, spesso costretti dopo essere stati minacciati di non ottenere il rinnovo del proprio visto in caso di rifiuto del servizio militare. Alla maggior parte di essi però, durante i primi contatti con le autorità, non viene esplicitamente detto che finiranno al fronte. Un cittadino nepalese ha dichiarato di essere arrivato in Russia nell’ottobre del 2023, spinto dalla possibilità di ottenere un discreto stipendio entrando a far parte delle truppe russe. Dopo aver sostenuto degli esami fisici, è stato condotto insieme ad una sessantina di altre persone in un centro di addestramento per soldati stranieri situato nella periferia di Mosca.
Una prassi che sembra ormai essere consolidata visto che lo stesso centro di addestramento viene menzionato in un’inchiesta della Cnn che nel febbraio scorso quantificava un totale di circa 15mila uomini nepalesi arruolati con le forze russe, in cambio di uno stipendio mensile di circa 2mila dollari e la garanzia di una procedura accelerata per l’ottenimento del passaporto russo. I famigliari di alcuni di questi uomini hanno da tempo espresso le loro preoccupazioni alle autorità locali dopo aver perso totalmente i contatti con i loro parenti partiti per la Russia. Il centro di addestramento in questione, denominato accademia militare di Avangard, è definito come un luogo di “educazione patriottica” destinato a mercenari stranieri che entrano a far parte dell’esercito russo.
Petro Yatsenko, portavoce del dipartimento dei prigionieri di guerra per il servizio segreto ucraino (Hur), ha confermato che i paesi di provenienza dei soldati stranieri catturati sono per la maggior parte molto poveri e fanno parte del cosiddetto Sud del mondo. “Spesso vengono promessi loro lavori nelle aziende e, quando diventa evidente che faranno parte dell’esercito, viene detto loro che saranno impiegati solo nell’entroterra” conclude Yatsenko. Circostanze che sono state confermate anche dai diretti interessati intervenuti spontaneamente in una conferenza stampa a Kiev nel marzo scorso. Le stesse dinamiche sono state descritte anche da alcuni esponenti di “Idite Lesom”, un’organizzazione per i diritti umani russa nata nel 2022 che si impegna per sostenere i cittadini ad evitare la coscrizione e che, nel tempo, si è trovata ad aiutare persone provenienti da Africa e Asia. Le tattiche di recluta vengono definite come tipiche degli apparati militari russi, che “sfruttano la mancanza di familiarità con la legge e la precarietà economica” delle persone, dichiara Ivan Chuvilyayev, membro dell’organizzazione.
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