Mentre le norme sulla cittadinanza sono ferme dal 1992, la scuola italiana è diventata via via sempre più multietnica. E il Veneto non fa eccezione, con i suoi quasi centomila alunni con cittadinanza straniera, al terzo posto dopo la Lombardia (219.275) e l’Emilia Romagna (109.106). I numeri provengono direttamente dal Ministero dell’Istruzione che, per la prima volta in assoluto, lo scorso anno ha comunicato i dati della presenza straniera nelle scuole italiane nell’anno scolastico 2022-2023, facendo anche una proiezione per il 2023-2024.
Per la precisione, nel 2022-2023 gli studenti stranieri erano 99.604, mentre nell’anno scolastico appena concluso, la stima proveniente da viale Trastevere ne ipotizzava 92.471, di cui oltre 37 mila alla scuola primaria, 22 mila alla secondaria di primo grado e 23mila alle superiori, mentre alla scuola dell’infanzia sono stati poco più di 9mila. Uno studente su quattro non ha la cittadinanza italiana ma, se la statistica rivela che in tutt’Italia gli alunni con entrambi i genitori nati all’estero ammontano complessivamente a 889 mila, gli stessi numeri raccontano che il grosso di questi bambini e ragazzi sono nati e cresciuti in Italia. Degli oltre 92 mila presenti negli istituti della nostra regione, infatti, il 71% è nato in Italia.
Tra gli studenti con cittadinanza straniera, il 27% proviene dalla Moldavia, il 16% dal Bangladesh e il 14% da Romania e Cina. A fare la parte del leone è la provincia di Verona con oltre 22 mila studenti con cittadinanza straniera, seguita da Padova (19 mila). Più di 17mila alunni stranieri anche a Venezia, Treviso e Vicenza, 3.892 in provincia di Rovigo e 2.200 nel Bellunese. Tra i comuni con una maggior presenza di bambini e ragazzi con cittadinanza non italiana non spiccano solo i capoluoghi di provincia, nell’elenco del Ministero ci sono anche comuni più piccoli, come Conegliano (1.463), Schio (1.178) e San Donà di Piave (1.168).
Più di mille studenti con cittadinanza straniera anche a Castelfranco Veneto, Montebelluna, Rovigo, Legnago e San Bonifacio. Ciò che è lampante anche nel report ministeriale è l’aumento progressivo - di circa venti punti percentuali - degli alunni stranieri nati in Italia. Un fenomeno di cui si è occupato l’ultimo governo, ipotizzando e discutendo lo ius scholae, cioè la possibilità di collegare la concessione della cittadinanza italiana alla frequenza scolastica, e non solo su richiesta al compimento dei 18 anni.
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Intanto, la legge tuttora in vigore è quella dello ius sanguinis che prevede l’acquisizione della cittadinanza da coloro che nascono da un genitore italiano. Ma trent’anni fa gli studenti stranieri erano lo 0,32%. Nella battaglia dei diritti stanno prendendo posizione anche i dirigenti scolastici, che in diverse città hanno definito «imbarazzante» non considerare italiani questi studenti. «C’è la necessità di una legislazione più inclusiva» commenta Enrico Ghion, referente patavino dell’associazione dei presidi, «serve una maggior integrazione che parte dalla legge per poi tradursi nel concreto anche nella scuola».
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Per fare un esempio, Ghion cita il caso della scuola di cui è stato dirigente fino a qualche giorno fa, il liceo Selvatico di Padova. «Noi usavamo i fondi Pnrr contro la dispersione scolastica anche per l’inclusione degli studenti stranieri. Come si parla di bisogni educativi speciali, si deve fare un ragionamento anche sugli alunni che hanno un background straniero. Ne va dell’inclusione e delle implicazioni didattiche».