“In bilico, tra santi e falsi dei, sorretta da un’insensata voglia di equilibrio”, Irene Panizzolo ci è rimasta a lungo.
Ha creduto che la ricerca – in campo oncologico – potesse essere la sua strada, che avrebbe potuto aiutare a fare la differenza. Fino a schiantarsi sulla realtà di un Paese che non è all’altezza delle sue ambizioni dichiarate.
Così Irene, 38 anni, si è tuffata in un altro sogno – cresciuto all’ombra di una curiosità – e oggi è la pluripremiata titolare di un centro cinofilo.
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Ma partiamo dall’inizio. La miccia si accende durante il percorso scientifico – «in realtà volevo fare Veterinaria, ma non ho passato il test d’ingresso» ride – che culmina in una laurea in Biotecnologie sanitarie «durante la quale mi innamoro dell’aspetto di laboratorio di ricerca» racconta «mi ha sempre affascinata l’idea della scoperta».
Un primo anno a Biotecnologie animali, quindi il passaggio all’ambito sanitario «perché mi piaceva l’idea di una ricerca operativa qui in Italia». Poi, mentre stava ancora studiando, grazie al volontariato con un’associazione che portava in Italia i bambini russi per le cure, conosce un medico che diventerà primario a Verona: «Ho cominciato a lavorare in Oncologia pediatrica con uno studio sulle infezioni» racconta «a quel punto ho avuto la possibilità di continuare all’ospedale di Verona dove ho cominciato con contratto a chiamata, borsa di studio e infine un indeterminato con Abeo, un’associazione che lavora in ospedale».
Nel frattempo, gli anni da pendolare si stratificano assieme ai contratti. La sveglia suona sempre alle 5.30, «avanti e indietro per quasi nove anni in Oncologia pediatrica a occuparmi di ricerca su tumori solidi, leucemie e linfomi» racconta «dopodiché, stanca di andare su e giù e allettata all’idea di passare a lavorare in una realtà come l’Azienda Ospedale Università, partecipo a un concorso per un contratto a tempo determinato a Padova: è solo un anno, ma ci sono prospettive. Comincio in Oncologia pediatrica dove sono Study coordinator e Data manager per le leucemie linfoblastiche acute e mieloidi. Scaduto il termine mi fanno due contratti consecutivi per altrettanti anni con l’Ail poi, al rientro dalla maternità, durata 7 mesi in tutto, mi fanno un CoCoCo, quindi un altro determinato. L’ultima offerta è stata una borsa di studio di 8-9 mesi da 8-900 euro in previsione di un altro ipotetico concorso. A 38 anni, con un bambino e un mutuo, ho detto basta».
Nel frattempo Irene aveva cominciato a lavorare con i cani: «Dodici anni fa ho preso una Border Collie che mi ricordava un cagnolino speciale che avevo da piccola. Ma, una volta arrivata, Alba si è dimostrata il contrario di quello che mi aspettavo. Era difficile entrare in comunicazione con lei, capirla. Così ho iniziato a frequentare corsi per avere risposte».
A forza di studiare, Irene diventa istruttore Enci e Csen, giudice federale di Rally-O e tecnico formatore di numerose attività sportive: «Il desiderio di capire il cane, perché si comporta in un certo modo mi ha sempre appassionato» rivela «ho sempre voluto capire come aiutare il proprietario ma soprattutto l’animale a entrare in comunicazione e l’attività sportiva migliora il rapporto tra i due».
Nel 2017 il primo passo ancora inconsapevole verso un futuro alternativo: «Con una mia amica abbiamo aperto il nostro primo centro in via Due Palazzi» prosegue «poi lei ha mollato, quindi mi sono ritrovata da sola. Ho comunque portato avanti questa avventura, formando diverse persone che mi hanno aiutata negli ultimi anni».
Poi il salto definitivo, lo scorso novembre: «Ho lasciato la ricerca e, nel frattempo, abbiamo aperto il secondo centro, lo Smiling Dog alla Mandria con pensione, asilo e adesso anche toelettatura». Senza rimpianti: «Nessuno» sorride amaramente «il rapporto con le persone importanti è rimasto, l’unica cosa che mi manca è un certo aspetto umano, il bambino che ti fa il regalino, il disegnino. Ma il bello del lavoro che faccio oggi è che sono indipendente, nel bene e nel male i risultati dipendono da me. Non pensavo che sarei riuscita a creare una cosa del genere da sola, pur con l’aiuto di mio marito» prosegue «oggi la più grande soddisfazione sono le persone che mi scrivono dopo anni dicendomi che hanno preso un altro cane e vogliono tornare, che mi dicono “guarda che figata sono riuscito a fare” o che partecipano a una gara e vincono la loro prima medaglia. Il cane dà soddisfazioni uniche».
Resta il dispiacere per un Paese che viaggia con il motore ingolfato: «In Italia i ricercatori sono molto sottovalutati sia a livello professionale che personale, quasi tutti i miei compagni di università per fare ricerca sono andati all’estero. E poi ci sono delle dinamiche malate, per cui quando fai questo tipo di lavoro ti ci senti parte, lo fai molto per la causa, ma psicologicamente è frustrante perché sei sempre in bilico, ogni anno ti scade il contratto e non sai mai come andrà a finire, vai avanti sapendo che non avrai una crescita professionale» conclude prima di dedicarsi a Thor, pastore olandese di quasi 10 anni col quale ha partecipato a due Mondiali di categoria.
È uno dei suoi “cuccioloni”, assieme alla Border Collie Alba con cui tutto ha avuto inizio e con cui anni fa ha vinto i campionati italiani di Rally-O e al Labrador di 10 anni Floyd «soprannominato “il debito”, perché ne ha sempre una».