Siamo già in ritardo rispetto agli annunci iniziali del governo Meloni e l’iter parlamentare per la conversione in legge del ddl AI è attualmente fermo per via della chiusura estiva delle attività alla Camera e al Senato iniziata lo scorso 7 agosto. Dunque, anche l’obiettivo di procedere prima delle “ferie” non è stato raggiunto. Ma quanto tempo ci vorrà all’Italia per vedere approvata e pubblicata in Gazzetta ufficiale la sua prima normativa relativa all’intelligenza artificiale?
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I passi da compiere sono ancora molti. Il mese scorso, infatti, il testo del ddl approvato dal Consiglio dei Ministri è arrivato in Senato. Ma non tra gli scranni per le votazioni: siamo ancora nella fase di valutazione da parte dell’ottava Commissione di Palazzo Madama, quella che si occupa di “innovazione tecnologica” (e non solo). Parallelamente, si è avviata la fase delle audizioni, con il direttore generale di ACN (Autorità per la Cybersicurezza Nazionale) Bruno Frattasi e il vertice di Agid (Agenzia per l’Italia Digitale) Mario Nobili che hanno spiegato ai senatori che compongono la suddetta Commissioni gli obiettivi delle due Autorità designate (dal ddl AI) come “vigilanti” sull’applicazione della normativa.
Da quel momento, poco si è mosso. Complice la chiusura estiva delle attività parlamentari, tutto è rimasto fermo. Le Commissioni dovranno individuare gli schemi per eventuali modifiche del testo. E ce ne dovranno essere, come sottolineato dall’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali per quel che riguarda l’age verification, il ruolo di Agenas sui dati sanitari e i compiti di “controllo” affidati ad Agid e ACN. Dunque, il lavoro – già in ritardo – non sarà affatto semplice.
Poi ci sarà il passaggio alle Camere, con la possibilità di presentare diversi emendamenti (da parte delle opposizioni e, forse, anche da alcuni partiti della maggioranza) che prolungheranno ancor di più le tempistiche per convertire quello schema di ddl in una legge dello Stato da pubblicare in Gazzetta Ufficiale affinché entri finalmente in vigore. Siamo di fronte, dunque, a forche caudine che potrebbero allungare ancor di più i tempi. A meno che il governo Meloni non ricorra, ancora una volta, al voto di fiducia.
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