Dal nostro inviato a Montreal
In attesa dell’esordio in singolare di Jannik Sinner, le prime ore del giovedì canadese hanno regalato parecchie sorprese. A pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, hanno salutato il torneo Stefanos Tsitsipas, Daniil Medvedev e Tommy Paul. Tutti reduci dalle Olimpiadi certo, dal cambio di superficie e di fuso orario, ma sono risultati che ad ogni modo fanno scalpore.
Ancora più notizia fanno le parole durissime di Tsitsipas in zona mista, dove insieme ad una decina di altri colleghi lo abbiamo raggiunto subito dopo la conclusione del suo incontro. “Sto facendo i conti con alcuni cambiamenti in questo momento, non mi sono sentito benissimo all’inizio” – ha esordito il greco. “Ciò che mi creava più problemi, anche nel riscaldamento, era la pesantezza della mia palla. Cerco di usare molto la mia forza per crearmi delle opportunità importanti e questo oggi mi è mancato. Credo sia più un problema di attrezzatura che tecnico” – ha spiegato il numero 11 del ranking, ammettendo anche che la tipologia di palle utilizzate dal torneo non gli ha permesso di esprimersi al meglio.
Dopo i complimenti a Nishikori, tornato a battere un top20 dopo tre anni, Tsitsipas ha dichiarato di aver apportato alcuni cambiamenti alle sue corde, che però gli hanno fatto sentire la palla come se fosse “morta“.
“Non sono mai riuscito a far male con il dritto, che è il mio colpo migliore. La mia palla non camminava, l’unico modo di far punto per me era sempre attendere l’errore dell’avversario” – ha poi spiegato Stef, prima di aprirsi a ruota libera sul comportamento (a suo dire) non esemplare del padre e coach Apostolos. “Mi sono lamentato parecchio negli ultimi 4/5 giorni con il mio coach di questa situazione. È anche per questo motivo ho avuto un battibecco con lui durante la partita, anche se non sono abituato a farlo. Un match in un Master 1000 per me è una partita importante, ho bisogno e merito un allenatore che mi ascolti, cerchi di comprendere i feedback del proprio giocatore e provi a trovare soluzioni. In questo senso, ultimamente mio padre non è stato così intelligente o comunque in grado di gestire certe situazioni. Non è la prima volta, mi ha molto deluso il suo comportamento“.
Parole durissime di Tsitsipas, che ha più volte provato a cambiare qualcosa nel suo angolo, senza però mai mettere in discussione il ruolo del padre. Fino ad ora, almeno. “In questo momento non so se prenderei in considerazione un cambiamento, però ripeto, sono molto deluso. La cosa più importante per un giocatore è avere feedback diretti con il proprio coach, ma quest’ultimo deve ascoltare il proprio assistito. L’allenatore non è quello che ha la racchetta in mano, è il giocatore che prova ad eseguire un determinato piano di gioco in campo. Deve essere un lavoro di collaborazione affinché io riesca a migliorare il mio tennis. Io però non voglio rimanere fermo a questo punto“ – ha concluso l’ex n°3 del mondo.