Le regole d’ingaggio, e forse anche il volto della stessa guerra, sono cambiate nel giro di poche settimane, dal 17 maggio all’8 agosto. E’ il breve lasso di tempo in cui sul delicatissimo scacchiere del conflitto tra Russia e Ucraina si è passati dal “no” della comunità internazionale all’uso delle armi occidentali in territorio russo al via libera politico accordato oggi a Kiev dalla Commissione Ue a “colpire il nemico ovunque ritenga necessario sul suo territorio ma anche nel territorio nemico”. In mezzo, due eventi: l’assedio delle forze armate russe nella regione di Kharkiv e l’operazione militare di Kiev nell’oblast di Kursk.
La svolta ha avuto inizio a partire dalla metà di maggio. Dall’inizio di aprile l’esercito di Mosca aveva intensificato le operazioni su Kharkiv, nell’area nord-orientale del territorio ucraino, bombardando villaggi, infrastrutture, ospedali, reti elettriche, vie di comunicazione e costringendo decine di migliaia di persone a lasciare le proprie abitazioni e avanzando sul terreno. Il 17 maggio la vice portavoce del Pentagono, Sabrina Singh ribadiva la posizione di Washington: l’Ucraina era autorizzata a usare le armi fornite dagli Stati Uniti “solo all’interno del suo territorio“. Poche ore prima Kiev era tornata a chiedere di “eliminare le restrizioni” sulla possibilità di usarle anche oltreconfine. Secondo il Wall Street Journal, il governo ucraino avanzava da tempo la richiesta “in relazione al fatto che la Russia ha ottenuto le maggiori conquiste territoriali in Ucraina in quasi 18 mesi” proprio nella regione di Kharkiv.
Due settimane dopo, la svolta. Il 31 maggio Politico.com riportava che Joe Biden, aveva “segretamente” autorizzato l’Ucraina a colpire in territorio russo con armi americane a corto raggio, ma limitando l’attacco alla sola area a ridosso di Kharkiv. Washington era venuta incontro alle richieste di Kiev – supportata dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg – di usare le armi Usa per colpire gli avamposti militari al di là del confine dai quali partivano gli attacchi. Poche ore dopo Volodymyr Zelensky aveva rilanciato: Kiev, aveva detto il presidente ucraino in un’intervista al Guardian, deve essere in grado di usare armi “potenti” a lungo raggio capaci di colpire obiettivi in profondità nel territorio russo.
L’ok di Washington dava la stura agli alleati: nei giorni seguenti tutti i principali Stati europei, a cominciare dalla Germania, davano a Kiev la medesima autorizzazione. Il caveat rimaneva sempre lo stesso: usare gli armamenti occidentali solo per colpire avamposti militari appena al di là del confine. Ma l’asticella veniva superata neanche una settimana dopo: la notte tra il 7 e l’8 giugno le forze armate ucraine bombardavano con i droni un aeroporto militare in Ossezia del nord, territorio russo, a circa 900 km dalla linea del fronte nella regione parzialmente occupata di Zaporizhzhia.
E arriviamo al presente. Tre giorni fa l’esercito ucraino ha attaccato oltre confine avanzando per diversi chilometri nell’oblast di Kursk, che si trova a 240 km a nord di Kharkiv. Oggi è arrivato il semaforo verde della Commissione europea. Già il 31 maggio Peter Stano aveva espresso un concetto simile: “L’Ucraina ha il legittimo diritto all’autodifesa e questo, secondo il diritto internazionale, include attacchi a installazioni militari fuori confine”, aveva detto genericamente il portavoce del Servizio di Azione Esterna Ue. Ma ora la posizione della Commissione aggiunge una specifica importante – Kiev può “colpire il nemico ovunque ritenga necessario” – e la presa di posizione assume un maggior rilievo politico alla luce dell’operazione in corso a Kursk.
Oggi come allora il nodo centrale della questione rimane lo stesso: la competenza sulle restrizioni sulle armi dei Paesi membri in Ucraina è nazionale, ovvero sono in singoli Stati a dover autorizzare Kiev a utilizzare in territorio russo le armi da loro fornite. Tra i pochi che non lo hanno fatto espressamente c’è l’Italia. Ancora oggi il ministro degli Esteri Antonio Tajani ribadiva la linea: “Noi ovviamente non siamo in guerra con la Russia, abbiamo sempre detto che le nostre armi non devono essere utilizzate in territorio russo”. Una posizione che diventa sempre più difficile da mantenere.
L'articolo L’Ucraina e le armi di Usa e Ue: dal no all’uso in Russia a “Kiev può colpire ovunque”. Così, in 3 mesi, è cambiata la posizione dell’Occidente proviene da Il Fatto Quotidiano.