Questa è la cronaca di una morte annunciata: la credibilità del Cio e delle Olimpiadi, con la boxe femminile sacrificata sull’altare delle pugili intersex. Arriva in finale nella categoria 57 kg, anche la taiwanese Lin Yu Ting. Anche lei, come l’algerina Khelif, favoritissima per l’oro.
Un copione già scritto, con la pugile sconfitta, la turca Esra Yildiz Kahraman, che ha fatto l’unica cosa possibile dopo la sconfitta scontata. Ha mostrato il simbolo della doppia X. L’impronta genetica che distingue le femmine dai maschi: un messaggio implicito, che è un grido: “Io sono donna”.
Quella doppia X mostrata da donne coraggiose, che cominciano a diventare tante. Dopo Angela Carini, insultata vigliaccamente dai nostri leoni da tastiera e da opinionisti obnubilati dalla ideologia gender, è arrivata la protesta della pugile ungherese Luica Anna Hamori, che ha denunciato l’imparità del confronto sui Social. È continuata con la protesta della pugile bulgara Svetlana Kamenova Staneva con la doppia X alla fine del combattimento con la taiwanese come a ribadire: “Io sono donna”. Ed è proseguita con quella turca.
Tra la taiwanese Lin Yu Ting e l’oro resta quindi solo la polacca Julia Szemereta. Il piano di un delitto perfetto: per uccidere definitivamente la credibilità della boxe femminile e, in parte, anche delle Olimpiadi.
“Sono test genetici realizzati sul sangue e sono stati realizzati in due laboratori specializzati. Il Sistem Tip Laboratuvari di Instanbul e il Dr Lal PathLabs di Nuova Dehli, laboratorio accreditato dal Cap (College of American Pathologists di Northfield, Illinois) e certificato dall’Iso, l’Organizzazione internazionale per la standardizzazione con sede in Svizzera. Laboratori riconosciuti che rispettano gli standard internazionali. Non so perché il Cio non li voglia riconoscere, ma il risultato è chiaro: dall’analisi cromosomica è emerso il cariotipo maschile”. Lo afferma, in una intervista a La Verità, il medico Ioannis Filippatos che ha preso parte alla conferenza stampa con cui l’Iba (International Boxing Association) ha spiegato che, dai test eseguiti, le atlete Imane Khelif e Lin Yu Ting sono biologicamente maschi e pertanto non hanno diritto a gareggiare nelle categorie femminili.
E si dice dispiaciuto perché il caso Khelif ha preso una piega soprattutto politica per via del presidente, il russo Ukmar Kremlev, e dei suoi rapporti con il Cremlino. “Io non ho mai avuto nessun tipo di legame con la Russia e la mia consulenza medica l’ho sempre data a titolo gratuito. Peraltro, non ero alla conferenza stampa di Parigi perché ho lavorato nell’Iba ma per la mia esperienza in materia” precisa. “Intersex è un termine ombrello che include tutte le variazioni nelle caratteristiche del sesso presenti fin dalla nascita. È molto probabile che siano due casi di Dsd (disordine dello sviluppo sessuale) ma per stabilirlo con esattezza e determinarne il tipo preciso, bisognerebbe fare altri esami”.
“Controlli sul funzionamento degli ormoni per capire se è tipico di una donna, così come un’ecografia addominale per indagare l’apparato riproduttivo. So che questi esami possano apparire “invasivi” ma si tratta di approfondimenti necessari per garantire la sicurezza di tutti gli atleti. La parte superiore di un maschio con Dsd è del 57% più grande rispetto a quello di una donna. Fattore che incide sulla prestazione sportiva. Ma per questi approfondimenti però serve la collaborazione delle atlete, del Cio così come dei Comitati Olimpici dell’Algeria e di Taiwan. Questi ultimi invece proprio negli ultimi giorni hanno intimato l’Iba di non diffondere i test”.
L'articolo Le due pugili intersex in finale per l’oro. L’Iba: sono maschi per due distinti test genetici sembra essere il primo su Secolo d'Italia.