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Lombardia, la “regione-allevamento” continua ad autorizzare nuovi impianti. L’assessore: “Libertà d’impresa”. Innocenzi: “I cittadini si sono evoluti, la politica no”

Lombardia, la “regione-allevamento” continua ad autorizzare nuovi impianti. L’assessore: “Libertà d’impresa”. Innocenzi: “I cittadini si sono evoluti, la politica no”

Regione Lombardia “non si sente vincolata” a prevedere una moratoria alle autorizzazioni per nuovi allevamenti intensivi o allargamenti di impianti esistenti. Nonostante a dicembre 2022 il Consiglio regionale abbia votato all’unanimità un ordine del giorno che impegnava la Giunta a prevederla. “Pur rispettando il voto del Consiglio regionale della passata legislatura, la Giunta non si […]

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Regione Lombardia “non si sente vincolata” a prevedere una moratoria alle autorizzazioni per nuovi allevamenti intensivi o allargamenti di impianti esistenti. Nonostante a dicembre 2022 il Consiglio regionale abbia votato all’unanimità un ordine del giorno che impegnava la Giunta a prevederla. “Pur rispettando il voto del Consiglio regionale della passata legislatura, la Giunta non si ritiene automaticamente vincolata ad assumere iniziative che a mio giudizio sarebbero anche contrarie alla libertà di impresa” replica l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessandro Beduschi al ilfattoquotidiano.it, secondo cui la soluzione non è da ricercare in una sospensione dei procedimenti autorizzativi, ma in “misure gestionali appropriate”. Secondo il Movimento 5 Stelle, che ad aprile scorso ha presentato una mozione per richiedere la moratoria “Regione Lombardia rinnega gli impegni presi”, mentre per Legambiente neppure la sospensione basterebbe “con i numeri altissimi di allevamenti e capi sul territorio, dove servirebbe solo una riduzione degli animali, dato che la crescita è già ferma da anni”. Nel frattempo continuano ad essere approvati nuovi progetti contro cui le comunità si ribellano. “In Italia è in corso una battaglia impari dove l’industria zootecnica vince sempre perché gioca su una asimmetria informativa e sul beneplacito della politica” racconta a ilfattoquotidiano.it la giornalista Giulia Innocenzi che, insieme a Pablo D’Ambrosi, ha scritto e diretto ‘Food For Profit’, il docufilm che mostra il collegamento tra industria della carne, lobby e potere politico (Guarda la diretta con ilfattoquotidiano.it). “Le aziende portano avanti in sordina dei progetti che i cittadini non vogliono – spiega – ma che vengono così approvati dalle amministrazioni pubbliche. A quel punto i cittadini sono disarmati. È difficilissimo bloccare un progetto una volta che è stato approvato e le amministrazioni pubbliche si difendono affermando che l’iter è stato rispettato, compresa la pubblicazione di tutti i provvedimenti relativi all’Albo Pretorio”.

La sostenibilità economica e i diritti dei cittadini – Per l’assessore Beduschi, però, il concetto di sostenibilità ambientale deve andare di pari passo con quello di sostenibilità economica. “In Lombardia il settore zootecnico vale 5,6 miliardi di euro all’anno – commenta – occupa decine di migliaia di persone ed è attività fondamentale per la tenuta socio-economica del territorio in diverse province. Basterebbe lasciare Milano e farsi un viaggio nella ‘bassa’ per comprendere come agricoltura e allevamento siano il cardine di un pezzo della nostra regione che non può essere sostituito con gli slogan e con gli algoritmi, anche perché grazie ad essa possiamo trovare nei supermercati cibo di qualità a prezzi accessibili”. D’altro canto, però, c’è allevamento e allevamento e chi contesta l’industria zootecnica, contesta il modello intensivo, sottolineando il fatto che l’occupazione (e l’economia) di un territorio nel settore non viene generata in quei capannoni dove gli animali sono ammassati e si dà loro per lo più mangime importato. “Per i cittadini non c’è più la logica di un tempo, secondo cui al primo posto ci sono profitto e produzione, davanti ai quali bisogna alzare le mani. Oggi i cittadini – sottolinea Giulia Innocenzi – sono molto più consapevoli dei pericoli legati agli allevamenti intensivi. Ogni volta che scoprono che ne aprirà uno nuovo dietro casa loro, cercano di battersi per evitarlo. Un tempo non era così. Ma la politica non si sta adeguando”.

La richiesta di moratoria e lo studio – A giugno 2024, la consigliera Movimento 5 Stelle Paola Pollini ha firmato un’interrogazione, insieme al capogruppo M5S, Nicola Di Marco e al collega Paolo Pizzighini, rivolta al presidente della giunta regionale, il leghista Attilio Fontana e all’assessore all’Agricoltura, Alessandro Beduschi, circa le azioni intraprese per rispettare gli impegni approvati nel 2022, in attesa di una programmazione guidata da studi epidemiologici e valutazione di impatti cumulativi. E ha ricordato, a riguardo, i risultati emersi dai recenti studi condotti dalle Università italiane (Leggi il pezzo di approfondimento sugli impatti) e della stessa ricerca commissionata da Regione Lombardia ‘Politiche per contrastare l’inquinamento atmosferico da fonte agricola”, promossa dal Comitato Paritetico di Controllo e Valutazione della scorsa legislatura e pubblicata a settembre 2023. Secondo lo studio, durante la stagione fredda il particolato proveniente da questa fonte arriva a rappresentare circa il 50% del Pm10 presente nell’aria, in Pianura Padana. La ricerca dimostra, inoltre, come gli allevamenti intensivi, oltre all’inquinamento atmosferico, siano responsabili di altre forme di contaminazione, come quella da metalli pesanti, pesticidi, erbicidi e patogeni resistenti agli antibiotici.

“Chiediamo che senso abbia continuare a commissionare ricerche, pagarle con soldi pubblici e poi ignorarne le conclusioni e girare lo sguardo dall’altra parte?” commenta Pollini a ilfattoquotidiano.it. Beduschi non considera l’eventuale moratoria una soluzione: “La scelta è quella di continuare con l’introduzione di misure gestionali appropriate – replica – e di tecnologie che oggi sempre di più permettono di ridurre gli impatti ambientali del settore zootecnico che, nonostante chi lo veda come il responsabile di ogni male, investe sempre di più sulla sostenibilità”.

Le ‘misure gestionali appropriate’ – Tra le pratiche, anche la recente modifica del periodo continuativo di blocco degli spandimenti per almeno 90 giorni fra novembre e febbraio, continuativo per 60 giorni da dicembre a gennaio (senza più la deroga concessa a quanto imponeva la Direttiva nitrati). “Condividiamo l’impegno assunto dall’assessore nel tentare di ridurre l’impatto ambientale del modello intensivo. Sorprende però – commenta la consigliera Pollini – che la Giunta abbia disconosciuto l’impegno assunto durante la precedente legislatura. La difesa d’ufficio del modello intensivo, promossa dal centrodestra, è quanto di più lontano dalla nostra visione”. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto lumi all’assessore sulle deroghe che Lombardia e Piemonte hanno negoziato con Bruxelles per arrivare a 250 chilogrammi per ettaro di azoto anche nelle Zone vulnerabili ai nitrati e sulla richiesta da parte della Regione di innalzare ulteriormente i limiti per lo spandimento di liquami. “Alla luce delle nuove tecnologie esistenti, anche in un’ottica di miglioramento della circolarità e della valorizzazione dell’azoto e della sostanza contenuti nelle matrici organiche, sarebbe opportuno mettere mano alla direttiva che oggi non guarda alle specificità territoriali” replica Beduschi. “A questo si accompagna un grande sforzo già in atto – aggiunge – con coperture delle vasche, valorizzazione e utilizzo mirato dei reflui, anche attraverso tecniche di interramento alternative allo spandimento”. Secondo la Regione, ciò che emerge è un sensibile miglioramento del trend dei valori medi riscontrati nelle acque. “I punti maggiormente critici – spiega Beduschi – sono scesi dall’11% nel quadriennio 2012-2015 al 6% dei 250 pozzi monitorati nel periodo 2016-2019 e circa il 63% dei pozzi monitorati risulta avere concentrazioni medie inferiori ai 25 mg/l. I dati relativi al quadriennio 2020-2023 confermano la tendenza”. Morale: “I reflui da allevamento sono una risorsa con la quale si può produrre energia pulita attraverso biogas e biomentano e anche su questo aspetto la tecnologia permetterà sempre più di utilizzare impianti aziendali più piccoli e ottimizzati”.

Buone pratiche ed effetti collaterali – Secondo Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente, “quelle a cui fa riferimento l’assessore sono buone pratiche e, per quanto riguarda gli spandimenti, sono il minimo sindacale. Ma occorre considerare che i nutrienti non si nascondono sotto il tappeto”. “Nessuno mette in discussione gli accorgimenti che permettono di ridurre le emissioni in atmosfera come interramento, copertura delle vasche, divieti temporanei di spandimento per fortuna ripristinati dopo l’intervento della Commissione Ue che avevano sollecitato” aggiunge Di Simine, secondo cui anche la produzione di biogas e biometano è “un’ottima soluzione tecnologica, anche se allo stato attuale e nelle previsioni a medio periodo riguarderà una parte minore delle aziende”. Esiste, però, un effetto collaterale delle buone pratiche: “Limitando le perdite in atmosfera di azoto ammoniacale, resta più azoto nel terreno. Sarebbe anche una buona cosa, se di azoto non ce ne fosse già troppo in rapporto ai bisogni delle colture. L’azoto in eccesso è destinato ad essere lisciviato dalle acque e veicolato in parte alla falda ma, soprattutto, alle acque superficiali e, di qui, all’Adriatico. Una quota, invece, si volatilizza in parte sotto forma di protossido di azoto, gas serra 350 volte più climalterante dell’anidride carbonica”. Eppure, come sottolinea la Regione, secondo i dati di Arpa, per le acque sotterranee ci sono stati dei miglioramenti del contenuto di nitrati nel decennio scorso.

La doppia lettura dei dati – Si tratta, però, di miglioramenti relativi alla alta pianura, dove si concentrano i centri abitati e i sistemi fognari. “Sicuramente è migliorata la gestione delle acque di scarico civili e, di conseguenza, la contaminazione della falda che qui è molto vulnerabile perché il suolo è ciottoloso-sabbioso” spiega Di Simine. Mentre nella bassa, dove si concentrano gli allevamenti, la situazione secondo Arpa è sostanzialmente invariata. Il report di Arpa viene pubblicato ogni quattro anni. L’ultimo è del 2019 e conferma: nella zona tra bassa bresciana-cremonese-mantovana, dove si ha la massima densità di allevamenti, c’è anche la situazione più critica per i nitrati. “Il quadro più preoccupante, però – spiega Di Simine – riguarda i rilasci in acque superficiali, con concentrazioni massime riscontrate nelle zone degli allevamenti intensivi e una netta differenza tra i campionamenti nei corsi d’acqua della bassa bresciana-cremonese-mantovana e quelli nel Lambro, fiume che si porta in pancia le acque di scarico di metà della popolazione lombarda”.

Chi paga le malattie – A tutto questo si aggiunge il problema delle malattie che si diffondono negli allevamenti. Proprio Giulia Innocenzi, a maggio scorso, aveva segnalato quanto stava avvenendo a Grontardo (Cremona), dove sono stati realizzati due capannoni su due piani in un complesso che ospiterà circa 150mila galline ovaiole a ciclo. A Levata, una frazione di Grontardo, a novembre 2021 in un allevamento intensivo di polli fu identificato il primo focolaio di aviaria nel Cremonese. Fu disposto l’abbattimento di 56mila capi in quella struttura e il de-popolamento di altri tre allevamenti nel raggio di tre chilometri. “Ormai sappiamo che l’industria suinicola deve far i conti con la peste suina africana, mentre gli allevamenti di polli con l’influenza aviaria che, secondo l’organizzazione mondiale della sanità, rappresenta una minaccia anche per gli esseri umani” commenta Giulia Innocenzi. E proprio mentre si dimetteva il commissario straordinario per la psa, Vincenzo Caputo e si annunciavano sei nuovi focolai da fine luglio tra Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, il team di Food For Profit ha denunciato in questi giorni i metodi di abbattimento in un allevamento della provincia di Novara. La Lombardia è una delle Regioni che elargisce più fondi pubblici a questo tipo di industria. Per far fronte all’emergenza legate alla peste suina, con una delibera approvata dalla Giunta su proposta dell’assessore Beduschi, sono stati appena stanziati 3,8 milioni per incrementare il fondo regionale per le agevolazioni finanziarie alle imprese suinicole. “La Lombardia ha stanziato i ristori per gli allevatori che hanno dovuto abbattere i maiali per la peste suina africana – racconta la giornalista – ed è stata la prima a elargire fondi pubblici per le recinzioni di sicurezza. Ora l’Europa ha comprato i vaccini per l’influenza l’aviaria che, oltretutto non sono uno strumento efficace, dato che l’influenza aviaria si evolve continuamente. Ma è l’industria zootecnica che dovrebbe stanziare dei fondi per affrontare le emergenze riguardo le malattie all’interno degli allevamenti”.

Non la pensa così l’assessore Beduschi. “Epidemie come quella della Peste Suina Africana hanno effetti devastanti negli allevamenti domestici e potenzialmente sono in grado di mettere in ginocchio settori chiave per la nostra economia. Dovere delle istituzioni è supportare le imprese nei momenti emergenza, con misure straordinarie” replica l’assessore regionale. E aggiunge: “Vale per molti settori, a partire dall’industria e dal commercio e non si capisce perché non debba valere per l’agricoltura. Sostenere un settore non significa fare un favore agli industriali, ma a tutta la filiera, che comprende tutte le imprese agricole e della trasformazione, i lavoratori e i consumatori finali”. Per Giulia Innocenzi, però, dovrebbe essere l’industria a pagare per ciò che avviene negli allevamenti e per i suoi impatti, come accadrà in Danimarca con la tassa sulle emissioni degli animali “e non dovremmo essere noi a regalare soldi agli allevamenti”.

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