TRIESTE Seimila e settecentocinquanta euro versati come acconto per la fornitura di un kit di pannelli solari, necessari a installare un impianto fotovoltaico in casa. Ma quei pannelli non sono mai arrivati e la ditta che avrebbe dovuto spedirli è sparita dopo aver intascato il denaro.
La vittima è un cinquantenne triestino residente a Duino, la società invece è una srls che ha sede a Roma (il titolare è residente in provincia di Frosinone). Il cinquantenne non ha potuto far altro che denunciare il fatto e rivolgersi a un legale di fiducia, l’avvocato William Crivellari. L’indagine è in pieno svolgimento, peraltro con una serie di nuove testimonianze: gli accertamenti dell’avvocato, infatti, hanno portato alla luce situazioni simili in varie zone d’Italia. Sulla spinta degli incentivi pubblici ci sarebbero insomma altri clienti beffati come il cinquantenne triestino. E sempre dalla stessa impresa romana, che pubblicizzava le proprie offerte nell’intero paese, assicurando prezzi concorrenziali.
Tutto comincia ad aprile dell’anno scorso, quando il cliente triestino versa i 6.750 euro pattuiti – la metà del costo complessivo – con l’impegno della società di fornire il materiale entro quarantacinque giorni dal ricevimento della caparra.
Passano i quarantacinque giorni ma dei pannelli nessuna traccia. Al che il cinquantenne inizia a sollecitare, senza però ottenere il dovuto. La ditta, dal canto suo, prende tempo fissando altre date e assicurando l’invio di documentazione (la bolla di consegna del kit) e tecnici specializzati per predisporre il tetto per l’installazione. Ma nemmeno quelle date vengono rispettate. Un modo, così è parso, per tenere buono il cliente. Non solo: l’impresa domanda pure il saldo del totale, promettendo la consegna.
Dopo varie intimazioni da parte dell’avvocato Crivellari, che a un certo punto chiede la restituzione dei soldi, l’impresa non si fa più trovare. Nessuno risponde più.
Il cliente si sente preso in giro e si rende conto del possibile imbroglio. E quindi sporge querela. Ma in prima battuta il pm Andrea La Ganga, ritenendo che il caso abbia rilevanza civilistica e non penale, non ravvisa ipotesi di reato e chiede l’archiviazione del fascicolo. L’avvocato presenta opposizione e, intanto, scopre vicende molto simili: il versamento dell’acconto e poi il nulla.
Crivellari indica i nomi di altre quattro presunte vittime dell’imbroglio che avrebbero subìto un analogo trattamento. Tutto fa pensare a un sistema rodato.
Il giudice del Tribunale di Trieste, il gip Luigi Dainotti, ha accolto l’opposizione dell’avvocato indicando alla Procura di predisporre nuove indagini sentendo anche le persone elencate nell’atto presentato dal legale. Il caso è ora nel pieno dell’inchiesta con l’ipotesi di reato di truffa aggravata.