Il tennis italiano ha messo il proprio carico d’oro sulla spedizione azzurra a Parigi; ci hanno pensato due ragazze con un cuore grande quanto tutto il “Philippe Chatrier”, nel momento più importante della loro vita e carriera professionale. Jasmine Paolini e Sara Errani hanno vinto quell’oro che dal tennis ci si aspettava, perché porta il giusto merito ad un movimento che è già entrato in un’era nuova, quella che porta tutti il tennis azzurro nella dimensione dei più grandi, accedendovi con successi conquistati in giro per il mondo e con la ciliegina olimpica sulla torta delle vittorie. Sarebbe ingiusto dimenticare, e infatti non lo faremo, il bronzo di Lorenzo Musetti nel singolare maschile. Ne abbiamo parlato ieri, ma oggi abbiamo tutti realizzato, lui in primis, cosa abbia realmente fatto. Quando? Quando si è girato verso destra e ha visto con chi stava condividendo quel podio: con due fenomeni assoluti. Uno di questi è Novak Djokovic che all’età di 37 anni, così come gli anni di Sara Errani, ha compiuto il Career Golden Slam, così come Sara Errani. In tanti anni che seguiamo le sue imprese, mai ci siamo ritrovati di fronte ad un Novak così emozionato, così felice di aver raggiunto un successo, un traguardo. Mai. Ha pianto, tanto, di gioia, ha tremato, scaricando così tutta la tensione accumulato per la conquista di quel tassello che mancava alla collezione. Forse, per certi versi, il più prezioso, perché vinto per la Serbia e non solo per lui. Il bello del tennis alle Olimpiadi è proprio questo: nello sport forse più individuale ed individualista che esista, per una sorta di contrappasso sportivo, ci si ritrova a giocare, vincere e perdere non solo per sé stessi ma per ciò che si rappresenta: un’intera nazione. L’altra faccia della medaglia (mai metafora fu più opportuna) è proprio Carlos Alcaraz, anche lui in lacrime, anche lui come non lo abbiamo mai visto, neanche dopo la più dolorosa delle sconfitte, che da oggi, per sua stessa ammissione, è proprio questa: la finale olimpica.
Ma non di solo tennis vive lo sport italiano in quella che è la giornata di Gregorio Paltrinieri, meraviglioso argento nei 1500 metri stile libero, in una gara che ha visto sgretolarsi il record del mondo che apparteneva a Sun Yang, grazie alla prova monstre dell’americano Bobby Finke che si conferma campione come a Tokyo. Un finale spaziale con Finke che trionfa in 14’30″67 e cancella Sun Yang e il suo 14’31″02 di Londra 2012.
L’altro argento di giornata porta la firma dei fiorettisti che, riscattando in parte la delusione della gara individuale cedono il passo solo al Giappone in finale, con il punteggio finale di 45-36, dopo aver condotto uno splendido assalto in semifinale con gli Stati Uniti. L’Italia del fioretto, guidata dal maestro Stefano Cerioni aluta il Grand Palais di Parigi senza ori nell’arma da sempre prediletta. Filippo Macchi, Tommaso Marini, Guillaume Bianchi e Alessio Foconieguagliano il risultato delle colleghe fiorettiste mettendosi al collo comunque una medaglia pesante.
Possibile una gioia senza medaglie? Sì, è possibile. E’ quella regalata da Marcell Jacobs che ha corso la gara regina delle Olimpiadi, la finale dei 100 metri piani, con un tempo di 9’’85, che, sulla pista della finale di Parigi, serve “solo” per il quinto posto. Unico europeo in gara, Jacobs è arrivato a 4 centesimi dalla medaglia di bronzo e da quel risultato che magari sarebbe stato insperato vista la stagione, le condizioni e soprattutto le prestazioni degli altri. A vincere è stato, come da pronostico Noah Lyles con 9’’79 tempo stratosferico e PB dell’americano. Completano il podio il jamaicano Kishane Thompson e l’americano Fred Kerley.
L’Italia al momento è ottava nel medagliere con 7 ori, 10 argenti, 5 bronzi per un totale di 22 medaglie.