“Sono passati tre anni anche se sembra ieri, sono volati e in questi tre anni però sono successe tantissime cose, vittorie, infortuni e delusioni ma siamo qui a Parigi che era un obiettivo prefissato da inizio anno”. Inizia così la conferenza stampa di Marcell Jacobs a Casa Italia, nella giornata dedicata all’atletica leggera. Un Jacobs arrivato ieri a Parigi e che finalmente inizia a sentire le giuste sensazioni olimpiche: “Sono arrivato ieri ma non sono riuscito ancora a vivere bene il villaggio e sento delle sensazioni positive. Rispetto a Tokyo voglio godermi quello che non sono riuscito a godere e questo primo approccio al villaggio olimpico mi piace molto. Tre anni fa ero una persona completamente diversa, era la mia prima olimpiade a Tokyo ed era un’emozione, passati tre anni c’è più voglia, più determinazione e arrivo da campione olimpico. Questo mi dà molta autostima perché tutto quello che ho raggiunto l’ho guadagnato con anni di lavoro e dedizione”.
In queste parole c’è tutto l’orgoglio del campione olimpico che sa bene quelle che sono le sue responsabilità e quella che viene definita pressione: “Tutti ci aspettiamo tanto da questa Olimpiade e vogliamo utilizzare questo come stimolo a correre più forte, ma l’emozione sarà sempre la stessa. Prima di arrivare a Casa Italia ho incontrato i giornalisti esteri e tutti mi chiedevano quanta pressione ci fosse sulle mie spalle in quanto campione in carica. Non posso nascondere che non ci sia, ma questa pressione deve diventare energia e ho lavorato per questo. Domenica ci sarà da spingere in finale e semifinale. Ad ogni grande prestazione sono sempre riuscito ad avere un miglioramento costante, fin dalle batterie. Per salire sul podio non penso ci vogliano tempi stratosferici. Una cosa possiamo dirla: in meno di 9.80 (tempo della finale di Tokyo) nessuno ha mai corso in questi anni”.
“Bisogna andare in finale senza pensare al tempo, – prosegue Jacobs – con l’unico obiettivo di mettere le spalle avanti agli altri, non fare errori e concentrarsi su sé stessi. Non vedo Lyles in pole position, mi spaventa di più il giamaicano (Kishane Thompson n.d.c.), ma ha la mentalità da campione e questo mi impensierisce. Arriva con un grande carico di energia ma questo non vuol dire essere imbattibile. Lui è uno mentalmente forte quando conta.”.
Ma come sta il campione olimpico? È questa la domanda centrale che poi sposta tutti gli equilibri che esistono all’interno del grande gioco preparatorio ad una gara così importante, come quella olimpica.
“Gli obiettivi ad inizio stagione erano tre: restare in salute, vincere europeo in casa e vincere olimpiadi. Due su tre ci siamo, per il terzo tocco ferro. Finora è andato tutto bene, abbiamo lavorato molto bene, ammetto che quando cambi allenatore e metodo di lavoro prima di riuscire a mettere insieme i pezzi ci vuole del tempo ma siamo riusciti a trovare un buon feeling. Sto bene e le sensazioni sul campo sono ottime. Sono molto sereno e con tanta voglia di scendere in pista e di divertirmi. La parte più complicata saranno le semifinali. Una volta superato quello scoglio poi puoi vincere chiunque sarà questione di dettagli. Oggi ci siamo mossi, dopo il viaggio, abbiamo assaggiato il terreno e abbiamo lavorato sui 15/20 metri per migliorare la velocità in quel momento. Siamo molto contenti del lavoro svolto in preparazione. Abbiamo lavorato sull’1% che mancava e credo di esser riuscito a colmare il gap; ho le stesse sensazioni provate a Tokyo”.
Jacobs arrivato ieri a Parigi (martedì 30) ha già assaporato il campo di allenamento, dove ha provato e riprovato varie situazioni di gara: “Oggi ci siamo mossi, dopo il viaggio, abbiamo assaggiato il terreno e abbiamo lavorato sui 15/20 metri per migliorare la velocità in quel momento. Siamo molto contenti del lavoro svolto in preparazione”.
La parola finale spetta al campo, anzi alla pista di atletica, giudice ultimo. Il tempo delle parole è finito. Adesso bisogna correre, forte, molto forte. Jacobs è pronto.