Napoletana d’origine e veneziana d’adozione, fin da giovanissima si è innamorata del mestiere della marinaia e, in pochissimo, ha fatto carriera diventando pilota in Actv. Qualche settimana fa, dopo 21 anni di lavoro, ha rassegnato le sue dimissioni.
A malincuore, dice, perché «ad Actv devo tanto, ed è stata per me come una seconda casa». Eppure, le cose negli ultimi anni sono cambiate e il clima in azienda non era più lo stesso di quando era entrata, nel 2003. «Lo spartiacque è stato il Covid, ma anche la rielezione del sindaco Brugnaro» spiega, «dopo la pandemia è stata impostata una modalità di rapporto con il datore di lavoro basata sullo scontro, più che sul dialogo».
A questo, poi, vanno aggiunte tutte le difficoltà incontrate dai dipendenti: riposi saltati, ferie impossibili da ottenere, turni rimodulati, disagi nella conciliazione della vita lavorativa con quella familiare. La carenza di personale, quindi, pesa innanzitutto sulle spalle dei dipendenti stessi che si vedono costretti a lavorare di più. «E poi il traffico impazzito, le licenze dei taxi che sono state aumentate e i controlli pari a zero. Tutto ciò rende molto più difficile la navigazione» aggiunge.
A tutto ciò bisogna anche aggiungere gli stipendi rimasti invariati mentre il costo della vita è aumentato, le difficoltà per chi ha dei problemi fisici ad avere turni agevolati. «Io ho preso la mia scelta personale, ho sempre sostenuto che avrei lasciato Actv solo per crearmi qualcosa di mio, e così è stato». Infatti, una volta lasciata l’azienda che si occupa del trasporto pubblico locale, la donna si è data alla gestione degli appartamenti turistici.
«Negli ultimi anni Actv ha perso molto, sia in termini di prestigio che di rispetto verso i lavoratori, non potevamo andare avanti così» commenta. «Vent’anni fa ai concorsi si presentavano in 1.500 persone per assumerne 80, c’è sempre stato un fabbisogno stagionale, ora il fabbisogno è diventato annuale e la gente scappa. Ovvio che il personale non si trova, con parametri abbassati, aggressioni all’ordine del giorno e poche tutele».
Ciò che la pilota sottolinea, infatti, è che non solo aggressioni verbali, ma anche sputi e spinte, se non botte vere e proprie, capitano troppo spesso a bordo dei vaporetti, ma che talvolta l’azienda sembrerebbe sminuire gli episodi denunciati, dando l’impressione ai dipendenti - e soprattutto le donne - di non essere più vittime ma addirittura responsabili della loro stessa aggressione.
«A noi piace fare il nostro lavoro» precisa l’ex pilota, «e cerchiamo sempre di difendere l’azienda, ma se arriviamo a questo punto significa proprio che non ne possiamo più. Certo, trovare delle difficoltà sul posto di lavoro è normale, ma se arrivi a guadagnare meno di un muratore con delle responsabilità civili e penali senza essere difesa, chi te lo fa fare?» conclude sconsolata.