TRIESTE Quella dello chef triestino Pavel Marc è stata una vera agonia, finita nella serata di oggi, martedì 30 luglio, quando poco prima delle 20 il suo cuore ha smesso di battere. Il 47enne era ricoverato in condizioni disperate nel reparto di Rianimazione di Cattinara a seguito dello shock anafilattico causato dalla puntura di una vespa.
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Con lui il destino è stato veramente crudele. Venerdì scorso, verso sera, era andato a portare un fiore sulla tomba della madre, alla quale era stato molto legato. In quel contesto era stato punto da una vespa. Nell’immediatezza aveva avvisato un’amica, poi si era messo alla guida per raggiungere la sua abitazione in strada per Basovizza. Durante il percorso aveva avvertito un malore, una reazione improvvisa, e sceso dall’autovettura aveva avuto un arresto cardiaco. A trovarlo riverso sul veicolo, a pochi passi dall’ingresso di casa, sono stati dei vicini di casa che hanno chiamato il 112.
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Intervenuti sul posto, i sanitari del 118 erano riusciti a rianimare Pavel (questo il suo nome, che in molti, negli anni, hanno confuso con il suo cognome), trasferendolo poi a Cattinara. Le sue condizioni sono sembrate subito molto serie, con un ulteriore aggravamento negli ultimi giorni.
Tanto che lo scorso lunedì sera, anche attraverso alcuni siti di comunicazione, era già circolata la notizia del suo decesso, con tanto di messaggi di addio e ricordi. I familiari, sebbene informati che la situazione era molto grave, probabilmente irreversibile, mai si sarebbero immaginati che altri, estranei alla famiglia, decidessero di dare, senza avere conferme, senza conoscere nel dettaglio la delicata situazione e senza averne il diritto, notizia della sua morte.
Raffinato sommelier, chef insignito di diversi riconoscimenti, il 47enne era molto conosciuto non solo a Trieste e in generale in regione, ma anche oltre confine, dove da giorni c’era forte apprensione per le sue condizioni.
Riguardo allo shock anafilattico che ha tolto la vita a Pavel, il più delle volte «non si manifesta alla prima puntura subita nella vita – spiega l’anestesista, rianimatore e direttore del 118 Alberto Peratoner – bensì alla seconda. Una persona sviluppa una sensibilità al veleno dell’imenottero la prima volta che viene punto: con il secondo episodio la reazione si scatena». Lo shock anafilattico «è una reazione acuta che può provocare una problematica respiratoria o cardiocircolatoria – aggiunge – che può svilupparsi in qualche minuto, ma anche dopo qualche ora, e l’unico modo per fermarla è trattarla con l’adrenalina». Oggi sono a disposizione dispositivi, penne auto-inettabili, che chi è a conoscenza della propria allergia – Pavel Marc non sapeva di avere questo problema – deve portarsi appresso. La raccomandazione di Peratoner nel caso di una puntura di vespa, ape o calabrone, «è di monitorare la situazione e, in caso di stanchezza, astenia, debolezza, sensazione di svenimento, lieve difficoltà a respirare, bisogna chiamare subito il 112».
Per capire la prassi, senza entrare nel caso specifico di Pavel, va considerato come quando un paziente è in coma e «evidenzia un encefalogramma isoelettrico (in termini comuni piatto) – precisa Peratoner – non ha attività respiratoria se non perché attaccato a specifiche apparecchiature e non ha più riflessi, la legge obbliga a avviare l’accertamento di morte ecefalica, che prevede la nomina da parte della direzione sanitaria di una commissione composta da tre figure, diverse da quelle coinvolte nella cure il paziente».
La commissione deve essere composta da un medico legale, un anestesista-rianimatore e un neurologo, che preso atto della situazione, analizzati i parametri, iniziano un’osservazione di 6 ore. Al termine delle quali, se le condizioni del paziente restano invariate, i medici decretano la morte celebrale e vengono sospesi i trattamenti terapeutici. I familiari vengono informati di ogni passaggio. Per Pavel, purtroppo, non c’è stato nulla da fare —
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