Con una sola frase, il governo – nei giorni scorsi – ha rischiato di spazzare via in un solo colpo circa il 70% delle start-up italiane, assestando forse un colpo definitivo al mercato italiano dell’innovazione. La frase in questione sarebbe stata inserita nel ddl Concorrenza se, dopo un’attenta analisi e dopo l’intervento di alcuni stakeholders del settore, non ci fosse stata una retromarcia. Inizialmente, il governo aveva pensato di innalzare a 20mila euro il capitale minimo per fondare una start-up. Oggi, al contrario, si possono costituire queste imprese innovative anche con un simbolico capitale iniziale di 1 euro (anche se, agli inizi, è sempre bene prevedere una certa quota per la copertura delle spese). Una mossa del genere, come detto, avrebbe tagliato di netto il panorama italiano delle start-up che – secondo il dato riferibile al 2022 – a oggi sono oltre 14.200, incentivando la fuga all’estero dei talenti imprenditoriali italiani. Già il panorama e la burocrazia per fondare una start-up sono molto più competitivi in altri stati (Francia in testa, ad esempio); figuriamoci se ci fosse stato anche questo limite invalicabile.
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Fermo restando che, nella nuova bozza, non viene toccato – come era parso all’inizio – il capitale di partenza di una start-up, la cifra di 20mila euro compare in una nuova formulazione. Chi, infatti, dopo due anni di attività riuscisse a mettere insieme – questa volta sì – il capitale sociale di 20mila euro e riuscisse ad assumere almeno un dipendente, potrebbe beneficiare di alcuni aspetti incentivanti che il ddl Concorrenza mette a disposizione. Al momento, non sono filtrati i meccanismi premianti che caratterizzerebbero queste realtà, ma sicuramente – in fase di approvazione del disegno di legge – emergeranno ulteriori elementi. Quel che è certo è che, a fronte di una definizione di start-up che dovrebbe essere modificata leggermente (con le privative di cui si fa portatrice l’azienda che devono essere utilizzate dall’impresa e non solo riferibili all’attività dell’impresa), scompare il limite dei 20mila euro di capitale sociale iniziale.
Questo passaggio consentirà al ddl Concorrenza di continuare a mantenere inalterata la crescita del settore che impiega quasi 24mila unità, con una crescita del 10% rispetto all’ultimo periodo di riferimento (ovvero il 2021). Mentre inizialmente l’esecutivo avrebbe voluto fare piazza pulita di tutte quelle aziende il cui business non è decollato o che venivano aperte – a fronte di un investimento molto basso se non inesistente – soltanto per approfittare di benefici e vantaggi per un periodo di tempo limitato, alterando in questo modo il settore dell’innovazione. Si potrà continuare a fare start-up con un capitale iniziale simbolico, ma sicuramente – dopo l’approvazione del ddl – sarà molto più complesso continuare a esistere senza una vision che, nel biennio successivo alla fondazione, porti risultati tangibili.
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