Gentile Direttore,
Le scrivo in merito all’articolo di Laura Berlinghieri, che tratta il tema delle liste d’attesa in Veneto. Apprezzo l’attenzione riservata all’argomento, ma ritengo necessario chiarire alcuni punti per fornire un’informazione completa ai cittadini e difendere l’operato degli operatori della sanità del Veneto, i cui sforzi potrebbero non emergere dal titolo dell’articolo: “Un’odissea chiamata Cup, le visite entro i termini? Ci sono problemi enormi”. Mi scuso per la passione con cui affronterò questo argomento, riconoscendo a priori come i giornali del gruppo Nem abbiano spesso messo in luce anche gli aspetti positivi della nostra sanità, evidenziando gli sforzi fatti per ridurre le liste d’attesa.
Nel caso specifico, il ritardo lamentato è contenuto: 26 giorni. Riguarda un’impegnativa compilata dal medico di base, che prevede un tempo massimo di 90 giorni per eseguire la prestazione, una visita non urgente, programmabile (codice P di priorità), come indicato dal medico del paziente. Sarebbe comunque interessante poter effettuare un’analisi più dettagliata del caso e, se possibile, ottenere dalla giornalista il riferimento del paziente. In questo modo, potremmo essere più precisi nelle risposte, verificando anche le tempistiche e la qualità delle ulteriori prestazioni fornite a questo cittadino dalla nostra sanità. Non si tratta di questioni irrilevanti.
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Dalle informazioni ricevute dai vertici dell’Ulss 3, risulta che gli operatori del Cup e dell’Urp hanno svolto il loro delicato compito con estrema cortesia e professionalità. Sarebbe comunque importante conoscere, anche su questo punto, l’opinione del paziente. Ha avuto, come credo, un riscontro di cortesia, professionalità e attenzione?
Nell’articolo si sottolinea come alcuni ritardi non siano in linea con la “narrazione” della Regione Veneto sulle liste d’attesa. Rispondo che è stata proprio la Regione a illustrare con trasparenza il lavoro di recupero delle liste d’attesa. Ho presentato personalmente i dati: grazie agli sforzi di medici, infermieri e di tutto il sistema sanitario del Veneto, in un anno abbiamo azzerato l’attesa per le prestazioni più brevi, le “B”, ridotto dell’83% le liste per le prestazioni differibili “D” e ridotto del 62% i pazienti in attesa per le “P”, le visite meno urgenti. Queste sono le visite citate nell’articolo. È evidente che il percorso per ridurre le liste non è terminato: posso assicurare che stiamo lavorando, con pochi proclami e molti sacrifici, per azzerare le liste d’attesa.
Permettetemi di difendere il lavoro svolto negli ospedali: se non sempre si trova piena corrispondenza con i tempi d’attesa, vi è un motivo. Vogliamo forse pensare che i medici lavorino poco o che siano negligenti? Spero di no. O che chi gestisce la macchina, Cup inclusi, non sia in grado di farlo? Non è credibile, considerati i riscontri positivi del Ministero, della Fondazione Gimbe e di Cittadinanzattiva, che nelle ultime settimane hanno citato il Veneto come modello di efficienza sanitaria tra le Regioni italiane.
La vera ragione per cui esistono le liste d’attesa – sebbene in diminuzione – è la carenza di professionisti, soprattutto medici. Nel settore della radiologia, nel 2023 abbiamo erogato in Veneto 3. 461. 873 visite, con un aumento del 3%, oltre 100. 000 in più rispetto all’anno precedente. L’Ulss 3 effettua ogni 12 mesi 79. 403 ecografie in regime pubblico. Negli ospedali della regione effettuiamo 600 mila ricoveri, oltre 650 mila interventi chirurgici e milioni di accessi ai Pronto Soccorso, ogni 12 mesi. Questi dati sono in crescita, tranne uno: il numero dei medici. Nonostante bandi di concorso emessi ogni tre giorni (oltre 130 nel 2023), molti posti restano vacanti. Manca personale medico, ne servirebbero 3.500 in Veneto. Chi è in corsia lavora molto: a loro va tutta la mia ammirazione e gratitudine.
Per quanto riguarda la libera professione, ricordo che è un diritto previsto dal contratto nazionale per i medici. E faccio presente che se i tempi di attesa per la libera professione sono brevi è perché la maggioranza delle visite vengono erogate nel servizio pubblico, nonostante la percezione comune.
In conclusione, dobbiamo affrontare la sfida di garantire prestazioni sanitarie di eccellenza, rispettando i tempi per quanto umanamente possibile. Ma dobbiamo farlo con uno spirito di squadra. L’informazione deve essere completa e corretta. Non è giusto lasciare spazio a ipotesi di negligenza, disattenzione o incuria. Non possiamo confrontare la situazione sanitaria di oggi con quella di 10, 15 o 20 anni fa.
Oggi disponiamo di tecnologie diagnostiche avanzate, che richiedono più esami e approfondimenti, nonostante il personale ridotto. Questa evoluzione è positiva, ma richiede la collaborazione di tutti: cittadini, operatori sanitari e chi ha il delicato compito dell’informazione.
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Ringraziamo il presidente Zaia per il chiarimento e per la passione con cui affronta questo argomento, la stessa che ci anima ogni giorno per garantire un’informazione completa e corretta. (l.u.)