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Olimpiadi Parigi 2024- Djokovic-Nadal, quei venti minuti imperdibili. Ne rivedremo altri?

Djokovic è sembrato vicino a se stesso. Nadal ancora no. Ma quello spezzone di partita lo persuaderà a non mollare. Lui ci crede ancora

Venti minuti di nostalgico amarcord, dopo un’ora di tennis in cui mi sentivo quasi in imbarazzo per Rafa Nadal, sotto 6-1,4-0, cui avrei voluto evitare con tutte le mie forze – proprio nel suo giardino a due passi dal Bois de Boulogne – la più severa e triste delle umiliazioniAnche perché ad imporgliela sarebbe stato Novak Djokovic, il suo più acerrimo rivale, quello assai meno amato dal maiorchino rispetto all’altro super rivale storico, Roger Federer.

 Evviva, quei 20 minuti di equilibrio, favoriti in parte dallo smisurato orgoglio dell’irriducibile Rafa e in parte da un calo di attenzione da parte di Nole, sono stati puro spettacolo adrenalinico nello spettacolo offerto dagli ultimi due cavalieri sopravvissuti ai Fab Four. E un raggio di speranza per un ritorno agonistico di Rafa Nadal. Che anche all’ottanta per cento di quel che fu, sulla terra rossa potrebbe essere ancora un top-ten per un annetto.

L’atmosfera in quei 20 minuti della rimonta nadaliana è diventata incandescente. Ha ricalcato e ricordato quelle di tante altre epiche battaglie, ovunque risuonavan grida “Rafa, Rafa, Rafa!”, mentre Djokovic incassava, schiumando rabbia, prima di scoppiare quando sul 4 pari, dopo 4 game inopinatamente persi di fila, è riuscito nuovamente a strappare il servizio a Rafa e, prima di apprestarsi a servire per il match e la vittoria n.31, non è riuscito a non togliersi lo sfizio di provocare il pubblico ostile portandosi le dita all’orecchio come per dire: “E adesso come la mettiamo? Perché non vi fate sentire ora che, sul 5-4, sto per battere e vincere?”.

Forse non troppo furbo per attirarsi simpatie, ma Novak ha la personalità che ha. E molti lo adorano proprio per quella.

In quei momenti la tenzone è sembrata perfino più elettrica ed intensa di tante altre loro grandi finali. Quei 20 minuti, dopo un’ora a senso unico e tutto serbo, hanno rappresentato, una sorta di simbolico sigillo ad un’era tennistica indimenticabile che non vivremo più e che chi scrive -perdonate l’insopprimibile nostalgia – ha vissuto per un magnifico, glorioso ventennio.

Giornalisti di quasi 206 Paesi – quanti sono rappresentati a Parigi 2024 – intorno a un migliaio – non esagero – avevano preso d’assalto il Roland Garros, teatro tennistico che frequento ininterrottamente da 49 anni ma che per la stragrande maggioranza dei colleghi era un esordio, la prima volta. Come se io andassi a una gara di taekwondo.

Non vi dico come quel migliaio di colleghi c’è rimasto quando tutti insieme hanno scoperto che i posti in tribuna stampa sul Philippe Chatrier erano solo 300. Unica alternativa possibile seguire l’epico scontro in sala stampa e alla tv, o in un mega schermo all’aperto.

Sembra che qualcuno di loro abbia imprecato contro questo fantomatico Philippe Chatrier, ex tennista ed ex giornalista, personaggio straordinario che ho avuto modo a suo tempo di incontrare e frequentare in diverse occasioni, e che altri non è stato che il presidente della Federtennis Francese negli anni 70 e poi di quella internazionale negli anni 80. È a lui, Philippe in primis, che il tennis, presente alle Olimpiadi di Parigi 1924, deve il ritorno ufficiale fra gli sport Olimpici nel 1988: a Seul…vinsero l’oro “Gattone” Mecir e Steffi Graf.

Ma a quelle centinaia di giornalisti accorsi al richiamo del leggendario sessantesimo duello Djokovic-Nadal, quel nome, Philippe Chatrier, è certo suonato come il nome di un perfetto sconosciuto, perfino più sconosciuto di quell’altro nome, anch’esso certamente misterioso, quello dell’aviere francese Roland Garros (deceduto in un combattimento aereo nel 1918). A Roland Garros, primo pilota d’aereo a trasvolare il Mediterraneo nel settembre del 1913, dalla Francia alle coste africane, è intitolato lo stadio del tennis costruito nel 1928. Garros è un cognome per il quale va pronunciata la “s” finale, come non si farebbe se invece fosse un cognome totalmente francese: in quel caso si direbbe Garrò. Le origini della famiglia Garros erano spagnole, erano quelle della comunità ispanica dell’Ile (isola)de la Reunion. Insomma, alla fin fine Rafa Nadal, altro isolano spagnolo, non ha fatto altro che onorare – 14 volte assai più di oggi contro Djokovic– un suo connazionale nato nel 1888.

Chissà che quello cui ho assistito oggi, fra un Djokovic implacabile per 11 game e un Nadal orgogliosamente irriducibile per 4 o 5, non sia stato forse il loro ultimo bello spot, capace di sigillare quasi un ventennio di tennis epico ai massimi livelli.

Fra il trentottenne maiorchino e il trentasettenne serbo si recitava il sessantesimo duello e, se fosse stato l’ultimo – come è purtroppo fortemente possibile che sia – mi sarebbe romanticamente piaciuto che il bilancio dei loro head to head si potesse chiudere con un salomonico 30-30…(il classico 30 pari?), visto che il pareggio nel computo totale degli Slam, come quello che certificano Martina Navratilova e Chris Evert, 18 Slam ciascuna, non è più nemmeno ipotizzabile: Nole è a quota 24 Slam (e non è detto che non se aggiunga più nessuno), Rafa a quota 22 e quel pareggio ormai è una chimera.

Ma il 31 a 29 per Nole, troppo più in forma, troppo meglio preparato, era ampiamente scontato. Io non so nemmeno se Rafa, sapendo benissimo di non essere competitivo per tutte le ragioni che sapete anche voi, non avrebbe dato forfait se l’altra sera non fosse stato celebrato come un re di Francia nella fantasmagorica cerimonia di presentazione di queste Olimpiadi.

Credo sinceramente che avrebbe preferito esibirsi soltanto nel doppio, al fianco del suo erede designato, Carlos Alcaraz. Ma dare forfait in singolare per giocare invece in doppio, quasi a volersi sottrarre al confronto con Djokovic, dopo quella notte indimenticabile sulla Senna, torcia olimpica in mano, come Zinedine Zidane, Amelie Mauresmo…beh non sarebbe stato né troppo bello né apprezzato.

Così è sceso in campo, all’indomani delle due ore e mezzo sofferte ma vittoriose con l’ungherese Fucsovics, sapendo di non aver chances, di non poter essere competitivo. E lo aveva anticipato prima ancora di giocare, la sera prima: “Avrei voluto affrontare Novak in ben altre condizioni”.

E oggi ha detto: “Non avevo la sua stessa qualità di colpi, non ero in grado di creare difficoltà a Novak. Lui è stato migliore di me per tutta la partita. Non mi ha regalato nulla…Sì, ho avuto un minimo di reazione, il pubblico mi ha aiutato, mi ha dato energie, ma non poteva bastare, ho sufficiente esperienza per capire quando posso essere pronto e quando no, avevo bisogno di più tempo…ora però non continuate a chiedermi se e quando mi ritiro! Non posso continuare a vivere ogni giorno pensando che potrebbe essere il mio ultimo match…Ho avuto un sacco di infortuni negli ultimi due anni, un’operazione all’anca, non ho le stesse gambe di 15 anni fa, non si può così crear problemi al migliore della storia…… e finchè non riprendo appieno e al massimo, non posso sapere se non sono davvero più competitivo oppure se lo sono. Oggi non sono pronto per lottare a questi livelli. Quando lo saprò di sicuro, quando lo avrò capito io per primo allora, tranquilli, ve lo dirò io stesso…Ma se ora mi chiedete se io e Nole rigiocheremo o se questo è stato il nostro ultimo match, nessuno può dirlo. Quando smetterò so già che mi mancheranno i grossi tornei, l’adrenalina che ti dà la competizione…In 20 anni ho raggiunto molto più di quanto osassi sognare…Voglio dare ancora il mio meglio, se posso. Non so fino a quando…”

Secondo me Rafa è ancora convinto, con più tempo a disposizione, di ritornare a essere competitivo. Dice che deciderà dopo le Olimpiadi. Io dico che aspetterà di più.

E Djokovic: “Secondo me continueremo a giocare entrambi, facendo scelte molto selettive, gli Slam…penso che se ci ritroveremo a giocare in diverse parti del mondo secondo me lo sport ne potrà soltanto beneficiare…Sapevo che lui sarebbe stato svantaggiato dall’aver giocato pochi match competitivi. Sapevo di doverlo muovere, sono contento per come ho giocato, salvo che per quei quattro game…L’atmosfera era incredibile, bellissima. Erano tutti per lui, ma qui è normale…”.

Il destino di Novak, del campione alla fine meno amato dei grandissimi, perdura. Ma non è detto che nei prossimi giorni qui a Parigi invece molti non si schierino dalla parte dell’ultimo…dei Mohicani. Per me lo meriterebbe. Alcaraz, e Sinner, avranno comunque tanti anni davanti a loro per riscrivere quella storia del tennis che per ora l’hanno fatta, nell’ultimo ventennio, Federer, Nadal e Djokovic. E un gradino più sotto anche l’ammirevolissimo Murray. Siamo tutti pronti per il cambio della guardia. Tutti tranne Novak Djokovic (ma attenzione, neppure Rafa Nadal ha deciso di mollare!).

P.S. Chissà che in queste Olimpiadi che sembrano riservare ancora spazi di gloria al trentasettenne Novak Djokovic non accada che un’altra atleta di 37 anni, in corsa negli ottavi del doppio femminile con Jasmine Paolini e nei quarti del misto con Andrea Vavassori non sia lei a conquistare la prima medaglia azzurra del tennis in 100 anni!

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