Tre giorni dopo le dimissioni dalla carica di presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti chiede di nuovo la revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari, a cui è sottoposto dal 7 maggio scorso con l’accusa di corruzione. L’istanza è stata depositata via pec dal suo avvocato, Stefano Savi, nella cancelleria della gip di Genova Paola Faggioni, che ha cinque giorni per decidere. Entro due giorni, invece, dovrà arrivare il parere della Procura, che probabilmente sarà positivo: l’abbandono del ruolo di governatore, infatti, è considerato decisivo dai magistrati per escludere il rischio di reiterazione del reato e quindi la necessità della misura. “La nostra richiesta è basata sul fatto che non ci siano più i presupposti per mantenere la custodia, dopo le dimissioni che hanno fatto venire meno la carica pubblica, e vista la chiusura imminente delle indagini”, spiega l’avvocato Savi.
Toti ha ufficializzato il suo passo indietro venerdì scorso, dopo averlo ventilato in una lettera inviata al suo legale in seguito al no alla revoca ai domiciliari da parte del Riesame (che aveva confermato la decisione del gip). “Mi assumo tutta la responsabilità di richiamare alle urne, anticipatamente, nei prossimi tre mesi, gli elettori del nostro territorio, che dovranno decidere per il proprio futuro”, ha scritto l’ormai ex governatore. Nelle prossime ore i pm genovesi Federico Manotti e Luca Monteverde, titolari dell’indagine, si riuniranno con il procuratore capo Nicola Piacente e l’aggiunto Ranieri Miniati per discutere l’ipotesi di chiedere per Toti il giudizio immediato, cioè il passaggio diretto al dibattimento saltando l’udienza preliminare, possibile quando la prova appare evidente e obbligatorio quando c’è una misura cautelare in corso.
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