Cos’è successo veramente la notte in cui Alex Marangon ha perso la vita? Si è trattato di omicidio, suicidio o di un drammatico incidente? Ecco tutto ciò che non torna
Tra la scomparsa di Alex Marangon e la richiesta di aiuto ai carabinieri del comando di Vidor c’è un buco di tre ore. Cosa è successo in quel lasso di tempo? Chi si è occupato delle ricerche? Cosa hanno fatto i partecipanti all’evento?
Il barista di Marcon, nella notte tra il 29 e il 30 giugno stava partecipando ad un rito sciamanico nella chiesetta dell’abbazia di Vidor. Intorno alle 3.30 dopo aver bevuto un decotto a base di erbe, non si sente bene. Cerca di uscire dalla chiesetta, ma viene trattenuto. Poi corre fuori, dove viene raggiunto dai due curanderos, gli sciamani deputati a gestire l’evento. Da quel momento si perdono le sue tracce. Secondo le ricostruzioni dei testimoni, tutti i presenti si sarebbero messi a cercare Alex, nel giardino, nel bosco lungo il sentiero che porta al fiume Piave e sulla spiaggetta. Fonti vicine agli investigatori parlano di ricerche confuse, fatte al buio e da persone poco lucide. Solo alle prime luci dell’alba, alle 6.30 il conte Alberto Da Sacco, proprietario dell’abbazia di Santa Bona, telefonerà per chiedere i soccorsi alle forze dell’ordine.
A un mese dalla morte di Alex non è ancora chiaro da cosa sia stata provocata. Il 25enne di Marcon è stato ammazzato? Si è buttato dalla terrazza sotto l’effetto allucinogeno dei decotti ingeriti durante il rito sciamanico? È stato spinto? E ancora, si è trattato di un incidente, come avrebbe affermato l’avvocato dei curanderos? I partecipanti all’evento in abbazia stanno nascondendo qualcosa? Le indagini ad oggi non hanno fornito nessuna risposta in merito.
Alex stava partecipando ad un rituale sciamanico quando qualcosa è andato storto, è uscito di corsa dalla chiesetta ed è andato verso la terrazza distante una cinquantina di metri. Viene seguito dai due curanderos e i testimoni raccontano di come siano spariti nell’oscurità. Poco dopo uno dei partecipanti comunica agli organizzatori che Alex è sparito. Cosa è successo in quel momento? L’esito dell’autopsia rivela come sul corpo di Alex siano presenti diverse fratture compatibili sia con un pestaggio violento, ma anche con una caduta da un’altezza superiore ai 10 metri, come quella dalla terrazza al Piave.
Il corpo del barista è stato trovato il primo pomeriggio del 2 luglio, arenato su un isolotto nel Piave a Ciano del Montello, a 4 chilometri dall’abbazia di Santa Bona. Il pubblico ministero Giovanni Valmassoi, il giorno successivo apre un fascicolo per morte in conseguenza di altro reato e conferisce l’incarico al medico legale di eseguire l’autopsia. Il capo d’imputazione, però, viene modificato qualche giorno dopo, il 6 luglio, a seguito dei risultati dell’esame autoptico. Sul cadavere del giovane sono state riscontrate una frattura cranica, una frattura costale destra, un ematoma all’occhio sinistro, ferite multiple alle gambe, oltre che un’emorragia interna di quasi un litro di sangue. Secondo il medico legale Alberto Furlanetto, sarebbero ferite compatibili con un violento pestaggio o con una caduta da un’altezza superiore ai 10 metri. Il nome sul fascicolo d’inchiesta è stato modificato dal pm in omicidio volontario. Le indagini quindi prendono una direzione diversa rispetto a quella su quale si erano concentrati gli investigatori. Si riparte da zero e ci si muove a 360 gradi.
Poche ore dopo l’omicidio, sulla scena del crimine si è festeggiato un matrimonio. Era il 30 giugno ed erano le 18 e all’abbazia di Santa Bona di Vidor sono arrivate oltre un centinaio di persone. Poco distante dalla chiesetta, mentre si celebrava la funzione, i carabinieri, i vigili del fuoco e i sanitari del Suem erano al lavoro per coordinare le ricerche del ragazzo. Quello è stato il primo di una serie di eventi che hanno inquinato il contesto dove si è consumato l’omicidio di Alex Marangon. A questo si sommano le piogge ed altri eventi metereologici, il passaggio di visitatori e curiosi e la quotidianità del conte Giulio Da Sacco, di sua moglie Alexandra e di Andrea Zuin con la sua compagna Tatiana Marchetto, ospitati dal conte negli spazi del complesso benedettino di Vidor. Dal ritrovamento del corpo del ragazza ad oggi sono stati eseguiti altri due sopralluoghi nell’abbazia e nelle zone limitrofe, il primo eseguito dei carabinieri con il medico legale Alberto Furlanetto e il pm Giovanni Valmassoi e il secondo diretto dai vigili del fuoco, che si è concentrato specialmente nella zona del dirupo sotto la terrazza.
Le ricostruzioni dei testimoni sono univoche: gli ultimi a vedere in vita Alex Marangon sono stati i curanderos, ovvero i colombiani Jhonni Benavides e Sebastian Castillos, le due persone deputate a gestire il rituale sciamanico, compresa la somministrazione delle cosiddette purghe, dei decotti a base di erbe tra cui anche l’ayahuasca, una pianta allucinogena. Gli investigatori hanno dichiarato che i colombiani sarebbero stati i primi ad allontanarsi dall’abbazia, ancora prima dell’arrivo dei carabinieri e quindi alle 6.30 del 30 giugno, facendo perdere completamente le proprie tracce. Dopo 12 giorni di silenzio i due si sono fatti sentire tramite il loro avvocato, il penalista spagnolo Òscar Palet Santandreu che si è occupato nella difesa di molti casi sull’uso di piante sciamaniche in Europa. «Non posso dire dove si trovano per prudenza», ha detto, aggiungendo che la morte di Alex sarebbe riconducibile ad un «tragico incidente». I due colombiani sono gli unici, ancora oggi, a non essere stati sentiti dagli investigatori e nessuno sa ancora dove si trovino.
A dare una svolta alle indagini sarà l’esito dell’esame tossicologico sul corpo di Alex, questo è quanto sostengono sia il procuratore capo di Treviso, Marco Martani, sia gli inquirenti che si stanno occupando del caso. Perché questo esame è così rilevante? Per la natura stessa del rituale a cui ha partecipato il giovane di Marcon. Si tratta di un rito sciamanico in cui sono state assunte dai partecipanti delle purghe, cioè dei decotti a base di erbe sudamericane che permetterebbero di mettersi in contatto con il proprio inconscio. Tra le varie erbe, viene solitamente utilizzata anche la ayahuasca una radice colombiana dall’altissimo potere allucinogeno. L’esame stabilirà se questa particolare componente fosse presente nel corpo di Alex al momento della morte e potrebbe quindi avvalorare un’ipotesi (morte in conseguenza di altro reato) piuttosto che un’altra e cioè che Alex non fosse sotto effetto allucinogeno e che quindi non avrebbe mai potuto farsi del male volontariamente, ma sarebbe stato barbaramente ucciso da qualcuno.
