TRIESTE In un mondo sempre più veloce e frenetico, dominato rigorosamente dal digitale, c’è anche chi va contro corrente e tenta di riscoprire le tradizioni di un tempo. È il caso di Ruben Vuaran, nato a San Vito al Tagliamento nel 1979, che in piena epoca Covid ha deciso di trasformare una sua passione in attività imprenditoriale, inaugurando un laboratorio di stampa fotografica tradizionale come si usava un tempo, dove i sali d’argento la fanno da padrone.
«Dopo essermi laureato al Dams di Gorizia – racconta Vuaran – ho lavorato come video maker per vari festival ed associazioni, ma producendo anche numerose pubblicità aziendali e collaborando pure con Il Rossetti in qualità di tecnico».
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Nel 2009 Vuaran si trasferisce casualmente a Trieste, dove continua a coltivare la sua grande passione per le arti visive, scattando sempre fotografie ma usando i tradizionali rullini a pellicola. Così nel 2016 rispolvera dalla soffitta l’ingranditore e comincia a effettuare degli esperimenti, mettendo in pratica quanto appreso ad un corso di formazione mirato che aveva frequentato alcuni anni prima.
Proprio in quel periodo si stava assistendo a un ritorno globale alla fotografia tradizionale. È la ricerca dell’approccio lento perduto, un po’ come parallelamente stava avvenendo con i dischi in vinile, che fanno la loro ricomparsa dopo anni di assenza.
Durante il periodo pandemico Vuaran sviluppa ulteriormente la sua arte e decide di aprire in città, negli spazi sfitti di un negozio di viale D’Annunzio 71, la sua Stamperia Westerberg, un piccolo laboratorio di sviluppo e stampa fotografica analogica.
Si tratta di un lavoro artigianale di estrema precisione, che richiede esperienza e passione: infatti per ogni tipo di negativo bisogna scegliere il tipo di carta più appropriato in modo che il prodotto finale possa far risaltare i dettagli sul bianco e nero.
Ma come si stampavano un tempo le fotografie? «In epoca pre digitale – spiega Vuaran – le pellicole si dividevano in quelle a colori e quelle in bianco e nero, con varie tipologie di formati in base anche all’uso finale delle foto. Una volta sviluppato il negativo si passava in camera oscura, si posizionava il negativo sull’ingranditore e infine si impressionava la carta nella misura scelta, concludendo con il passaggio in bacinella dove l’immagine appariva definitivamente. Quindi bisognava aspettare che le foto si asciugassero oppure utilizzare la smaltatrice per ultimare il lavoro».
Il cuore del laboratorio di Ruben pulsa soltanto in analogico: tutto il processo, dallo sviluppo del negativo alla stampa, viene eseguito rigorosamente a mano e ciò richiede tempo e luce. Non chiedetegli scansioni e wall print da plotter a 12 colori: il computer e lo scanner sono banditi, perché Vuaran preferisce una stampa chimica di un metro quadrato ricavata da un bel negativo medio formato.
Oggi, grazie a questa ripresa globale della fotografia analogica, benché relegata in una nicchia di mercato, è possibile reperire tutto quello che serve per le stampe tradizionali, con molti prodotti chimici disponibili ora in versione ecologica.
«I miei clienti – afferma lo stampatore – sono molto soddisfatti del prodotto finale, perché a differenza delle tradizionali stampe industriali prodotte da grandi macchine seppur di qualità ma tarate per un certo standard, qui ogni singola foto ha una sua identità ed è unica. I miei clienti capiscono la peculiarità e l’unicità di una stampa chimica rispetto a una riproduzione da digitale».
Però non tutti percepiscono questi dettagli, o più semplicemente non conservano le loro immagini stampate, ma soltanto in hard disk con migliaia di file che ogni tanto si smagnetizzano, cancellando ricordi di una vita.
La riscoperta della stampa tradizionale, tutta eseguita a mano, sta attirando l’attenzione di numerose persone e le richieste di corsi specifici e workshop stanno aumentando: «Ho riscontrato – conclude Vuaran – un certo interesse negli ultimi workshop di sviluppo e stampa che ho tenuto e ho potuto constatare come sopratutto per i più giovani rappresenti una vera e propria magia assistere all'apparire delle foto in bacinella, alla luce rossa della camera oscura». —
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