Si registra grande attesa per le elezioni di domenica in Venezuela. Il presidente uscente, Nicolas Maduro, resta il favorito per la vittoria, anche perché non è che il suo regime sia esattamente trasparente e democratico.
Guarda caso, l’Associated Press ha recentemente riportato che starebbe utilizzando l’esercito per controllare (e probabilmente intimidire) i cittadini che partecipano ai comizi e agli eventi delle forze di opposizione. Eppure, il principale sfidante di Maduro, Edmundo Gonzales, viene considerato un candidato piuttosto forte. “C'è un ampio consenso sul fatto che il governo di Maduro stia affrontando il suo momento elettorale più duro degli ultimi 25 anni”, ha riferito la Cnn.
Al centro del confronto elettorale sta soprattutto il crollo che l’economia venezuelana ha registrato negli scorsi anni. Se Maduro sostiene che la situazione sia stata causata da una guerra economica americana contro Caracas, l’opposizione attribuisce invece la colpa alle politiche adottate dall’attuale presidente. In questo quadro drammatico, circa otto milioni di venezuelani hanno abbandonato il Paese, per rifugiarsi principalmente in altre aree dell’America Latina. Ma l’economia rappresenta soltanto uno dei dossier su cui si giocano queste elezioni.
L’altro aspetto da monitorare è ovviamente quello di natura geopolitica. Maduro, in questi anni, ha reso sempre più vicino il Venezuela a Russia, Cina, Cuba e Iran. Non è d’altronde un mistero che l’attuale presidente abbia sempre portato avanti una linea fondamentalmente antiamericana. Dall’altra parte, un’eventuale vittoria di Gonzales renderebbe assai probabilmente Caracas più vicina a Washington. Ecco perché gli Stati Uniti stanno monitorando attentamente la situazione. In questi anni, Joe Biden è stato criticato dai repubblicani per aver allentato alcune delle sanzioni americane contro il Venezuela nel settore energetico. Era inoltre l’autunno scorso quando fu reso noto che l’attuale Casa Bianca avrebbe ripreso i rimpatri di immigrati irregolari in Venezuela. Non è quindi escludibile che le elezioni di domenica possano entrare nel dibattito statunitense in vista delle presidenziali di novembre. Come è noto, Donald Trump, da presidente, ebbe un approccio molto più duro di Biden verso Maduro.
Il nodo risiede anche nel fatto che l’attuale inquilino della Casa Bianca ha perso notevolmente influenza sull’America Latina. Fatta eccezione per la vittoria di Javier Milei in Argentina, gran parte dell’area si è spostata sempre più verso l’asse sino-russo negli ultimissimi anni. Questo spiega perché un’eventuale vittoria di Gonzales potrebbe favorire un’inversione di tendenza.