Alberto Pellai, cinquantanove anni, lombardo, medico e psicoterapeuta molto conosciuto nella sua veste di divulgatore di tematiche legate all'educazione affettiva e alla cosiddetta adultità sarà il relatore dell'incontro in piazza del Carmine in programma giovedì 25 luglio, alle 21, nell'ambito del Festival del Carmine 2024.
Prendendo spunto dal suo ultimo libro "Allenare alla vita" Pellai spiegherà come e perchè ripristinare l'autorevolezza genitoriale. Interverrà insieme alla moglie Barbara Tamburini, psicopedagogista, moderati da Laura Rigobello.
Allenare alla vita... che cosa è accaduto negli ultimi quindici anni ai genitori?
«E' accaduto che ci siamo impegnati molto per crescere figli felici e invece ci siamo ritrovati con figli molto fragili. Oggi gli indicatori specifici rilevano il peggior livello di salute mentale negli adolescenti, alle prese con stati di ansia, autolesionismo, cattivi rapporti con l'alimentazione e con sindromi da ritiro sociale, per cui stanno chiusi in camera invece che uscire a contatto con la gente. L'adolescente dovrebbe essere desideroso di scoprire la vita, spesso oggi invece è fragile e impaurito di fronte alla vita».
È evidente quindi che noi genitori abbiamo sbagliato. Ma che cosa?
«I genitori oggi fanno di tutto per impedire che i loro figli si trovino a confronto con il disagio, eliminando qualsiasi ostacolo che si trovi sul loro percorso di crescita. E questo invece che renderli sicuri nell'affrontare la vita finisce con l'aumentarne la fragilità. Esiste una certa dose di sofferenza fisiologica che va lasciata per aiutarli a crescere. Perché togliere lo zaino dalle loro spalle appena escono da scuola? Perché accompagnarli dappertutto avendo sempre paura che accada loro qualcosa e ritenendoli incapaci di autonomia? Addirittura quando si rompe un rapporto amoroso ci sono genitori che si parlano tra loro cercando di rimettere insieme i figli».
Intende dire che abbiamo ridotto il loro potere di autonomia?
«Esattamente. Gli adolescenti devono imparare a portare sulle spalle il peso delle loro fatiche, perché questa è la vita. Addirittura noi genitori spesso litighiamo con gli altri adulti, che si occupano della loro educazione (come gli insegnanti), perché vorremmo che fossero meno severi con i nostri figli».
Perché si commettono tutti questi errori?
«Ho provato a spiegarlo in dieci punti nel libro "Allenare alla vita". Innanzitutto perché spesso siamo "adultescenti", molto amichevoli e poco autorevoli con loro. E poi la società ci invita a convivere con una grande ansia da successo, per cui si guarda più al traguardo da raggiungere per i nostri figli piuttosto che al percorso. Il mondo ha conosciuto un'accelerazione incredibile, non si apprezzano più doti come la pazienza e la lentezza, addirittura le caratteristiche dell'infanzia sono viste come fastidiose. I bambini non hanno più tempo per giocare, guardare, crescere».
Il Covid che ruolo ha giocato in tutto ciò?
«Ha fatto deflagrare una fragilità che incubava però già da molti anni. L'ha resa immediatamente visibile».
Come possiamo tornare indietro?
«Ormai un figlio fragile può solo essere aiutato a diventare più resistente attraverso il supporto psicologico o percorsi ad hoc nelle scuole. Il vero lavoro da fare in questo momento è quello della prevenzione nelle scuole di prima e seconda infanzia e nella preadolescenza. E' necessaria una inversione di rotta veloce, non c’è tempo da perdere. E per fare questo è fondamentale che la comunità educante impari a lavorare in sinergia, soprattutto famiglia e scuola».Daniela Scherrer