Luca Ricolfi, uno dei sociologi più importanti del nostro Paese, in un’intervista a Il Giornale critica apertamente le strategie del centrosinistra, parlando di incapacità di parlare ai ceti più deboli e di leggere i bisogni della società e mettendo in evidenza i trasformismi presenti nella coalizione e la poca attenzione ai temi della solidarietà.
Nell’intervista il sociologo parla di buone prospettive per una possibile alternanza futura di governo ma precisa che, “il problema è che non tutti accetterebbero una leadership di Elly Schlein, assai meno ecumenica e centrista di Romano Prodi, considerando quanto sia diviso e litigioso l’elettorato progressista”.
Ricolfi parla anche di Renzi, rientrato nell’alveo della coalizione di sinistra: “Come un paziente ciclotimico, alterna fasi politiche di segno opposto. Prima squalifica i Cinquestelle, poi li sdogana per fermare Salvini, poi torna ad osteggiarli perché vuole Draghi, ora li recupera di nuovo perché vuole essere ammesso alla corte di Schlein. Mi pare che quattro fasi politiche in controtendenza reciproca consumate in soli 5-6 anni siano un po’ troppe”.
Il sociologo traccia anche una possibile via di conquista dell’elettorato, partendo dagli errori del passato: “Puntare sulle minoranze sessuali, come ha fatto il governo Letta con la sua cocciutissima battaglia sul Ddl Zan, sarebbe un suicidio politico, ma credo che poco per volta la sinistra se ne stia rendendo conto. Se vuole tornare a vincere, dovrà puntare sui diritti sociali, senza fughe in avanti sui diritti civili. Su questo i governi ulivisti erano piuttosto ben bilanciati”.
Ricolfi analizza poi le mutazioni avvenute all’interno della sinistra italiana: “La sinistra degli ultimi anni è stata il cuore della società signorile di massa, se non altro perché ha ignorato l’esistenza della infrastruttura para-schiavistica (3.5 milioni di para-schiavi) su cui quel tipo di società si regge, e ha difeso innanzitutto valori e interessi dei ceti medi riflessivi, tendenzialmente istruiti e urbanizzati: il sindaco di Milano Beppe Sala ne è l’emblema perfetto”.
La chiosa è il riferimento alla nascita di un possibile terzo polo a guida Calenda, ipotesi a cui Luca Ricolfi non dà molto credito elettorale: ” Intanto, l’elettorato disposto a votare un partito ago della bilancia, che non sta né di qua né di là, è troppo esiguo in Italia. In secondo luogo, credo sia difficile costruire un partito nuovo e vincente fornendo solo buoni amministratori, tecnici validi, programmi ben studiati, soluzioni articolate a problemi complessi, come tende a fare Carlo Calenda. La gente vuole anche sogni, un’idea di futuro, obiettivi capaci di suscitare passioni. Si può pensare che la gente sbagli, ma non si può ignorare che per il momento le cose funzionino così”.
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