TRIESTE Nonostante divieti, avvisi e sanzioni piuttosto salate, come quella effettuata dalla Capitaneria di porto – Guardia Costiera qualche giorno fa, continua la pesca non autorizzata di tonni a Trieste.
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Segnali sul fenomeno arrivano anche, e inaspettatamente, sul lungomare.
Nella zona dei Topolini, si è arenato ciò che restava di un esemplare da un metro e mezzo circa, con la testa in putrefazione e la lunga lisca ormai ripulita.
Uno spettacolo desolante per i bagnanti, ma soprattutto un odore nauseabondo avvertito da molte persone, che hanno rinunciato a tintarella e tuffi nel punto in cui l’animale è stato trascinato dalla marea.
Ad accorgersi della carcassa galleggiante per primo, attorno alle 8. 30 del mattino, è stato Mario Gessa, storico bagnino dei Topolini, che tra la seconda e la terza terrazza ha notato quel che restava del pesce a pelo d’acqua e si è subito preoccupato di trovare una soluzione, per consentire la balneazione in quel tratto.
«La puzza era insopportabile – racconta – e inizialmente non vedevo bene il tipo di pesce, di sicuro ho capito che era qualcosa di grosso, pensavo inizialmente a un delfino morto. Ma qualsiasi cosa fosse andava comunque eliminato visto lo stato in cui si trovava».
Poi l’animale è finito a riva, dove si è subito intuito che si trattava di un grande tonno, ripulito probabilmente al largo, come confermato anche da alcuni esperti che hanno visto le immagini dei resti dell’animale. Dunque il tonno sarebbe stato pescato illegalmente, sfilettato e poi quel che rimaneva gettato in mare.
Oltre alla pesca di frodo, che potrebbe essere all’origine della fine del maxi tonno si è aggiunta poi anche un’altra problematica, la responsabilità della rimozione del pesce, diventato ormai un rifiuto, essendo finito sulla spiaggetta, un rifiuto “speciale”, che certo non poteva essere spostato facilmente né tanto meno conferito in un bidone delle immondizie tra quelli presenti nella zona. «Ho fatto un giro di telefonate – racconta il bagnino – ho cercato di contattare un po’ tutti, tra chi pensavo potesse intervenire, ma nessuno è riuscito a darmi una risposta in tempi brevi».
La carcassa dell’animale in decomposizione, sotto sole e caldo, è rimasto in quel punto fino al pomeriggio, quando una ditta è stata incaricata dello smaltimento. Tutto attorno intanto i bagnanti si sono spostati per evitare la vista e l’odore, sempre più forte, legato alla putrefazione.
Nei giorni scorsi la Capitaneria di porto – Guardia Costiera di Trieste aveva accertato la cattura non autorizzata di un tonno rosso da parte di un diportista, che stava sbarcando una trentina di chili di pesce, già tagliato e sistemato in un frigo a bordo del mezzo. Per l’uomo era arrivata una sanzione di circa 1.300 euro, sia perché in possesso di autorizzazione scaduta, sia perché inadempiente all’obbligo di comunicare, prima dell’acceso in porto, la cattura del tonno rosso, specie protetta e quindi soggetto a specifica normativa dell’Unione Europea.
Il pesce arenato, però, secondo quanto riferito proprio dalla Capitaneria di porto, non è riconducibile a quel sequestrato, che risultava tranciato, non è quindi ciò che resta del tonno smembrato dal diportista sanzionato. Dovrebbe trattarsi di un altro esemplare, ripulito e abbandonato sempre nei giorni scorsi. Che si tratti di un pescato non regolare lo dimostrerebbe proprio il modo in cui i resti dell’animale sono stati lasciati in mare. Come ricorda la Capitaneria di porto, infatti, chi pesca regolarmente deve seguire anche determinate indicazioni per lo smaltimento. —
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