È davvero lunga e consistente, la presenza padovana ai Giochi Olimpici: anche se, a dire il vero, il primo medagliato patavino della storia non è un uomo ma… un cavallo.
E’ in sella a un destriero euganeo che lo spartano Leonte si aggiudica l’oro nella gara di equitazione nell’edizione del 440 avanti Cristo. Ed è tutt’altro che un’eccezione: i cavalli nostrani sono celebri per le loro qualità sportive; a tesserne le lodi è già nel VII secolo Esiodo; e non molti anni dopo l’exploit di Leonte, come racconta Strabone, Dionisio tiranno di Siracusa ne acquista uno stock per il proprio allevamento siculo.
Bisogna tuttavia aspettare un paio di millenni, per trovare il primo olimpionico padovano in carne ed ossa. Si chiama Daciano Colbachini, classe 1893, che a 19 anni viene arruolato nel gruppo azzurro dell’atletica ai Giochi di Stoccolma del 1912. Gareggia nei 110 ostacoli, dove arriva solo alla semifinale; risultato che replicherà otto anni dopo ad Anversa, nel 1920.
Peraltro un palmarès di assoluto rispetto, il suo: battendo per otto volte il record italiano, e aggiudicandosi pure quello europeo. Ritiratosi, diventa imprenditore di successo nella storica azienda di famiglia, una fonderia di campane aperta nel 1745, e fornitrice privilegiata del Vaticano. A lui viene intitolato lo stadio dell’Arcella a Padova.
Il 1920 di Anversa è l’anno del primo oro padovano: se lo aggiudica nella sciabola a squadre Federico Cesarano. Ad Amsterdam, nel 1928, a salire sul gradino più alto del podio è il ciclista Mario Lusiani, nell’inseguimento a squadre su pista. Meglio di lui fa nell’edizione successiva del 1932, ospitata a Los Angeles, Guglielmo Segato, che conquista l’oro nella corsa a squadre su strada, e l’argento in quella individuale (dietro a un altro italiano, il piacentino Attilio Pavesi).
E’ un periodo di grazia, per le due ruote patavine; nel 1936, a Berlino, Severino Rigoni si aggiudica l’argento nell’inseguimento a squadre su pista; diventerà poi allenatore della Ciclisti Padovani, che condurrà a ottenere una serie di prestigiosi successi. Sempre a Berlino, Vincenzo Pinton ottiene l’argento nella sciabola a squadre.
La stagione d’oro per gli olimpionici patavini è comunque quella del secondo dopoguerra, specie in alcune specialità come la scherma. E’ il frutto di una tradizione di lungo corso, aperta nel 1885 da Giuseppe Comini, maestro diplomato alla Scuola Militare di Roma, che mette in piedi un “Circolo della Scherma” in via del Padovanino. Saranno poi i figli Italo e Guido (quest’ultimo scenderà in pedana fino a 94 anni…) a garantire il salto di qualità, creando una scuola tra le più importanti d’Italia, che sfornerà fior di campioni.
Come lo stesso già citato Pinton, che si conferma nel 1948 a Londra con l’argento nella sciabola a squadre, in un quartetto tutto patavino assieme a Gastone Darè, Mauro Racca e Carlo Turcato; e si ripete a Helsinki nel 1952, stessa specialità stessa medaglia, stavolta senza Turcato.
In quella stessa edizione dei Giochi spicca Irene Camber, triestina trapiantata a Padova per gli studi universitari e allieva della “Comini”, che si aggiudica l’oro nel fioretto (altra medaglia, stavolta di bronzo, a Roma nel 1960): prima donna a salire sul podio.
E sempre per rimanere nella scherma e nella tradizione della “Comini”, da citare l’impresa del 1984 a Los Angeles, con i padovanissimi Gianfranco Dalla Barba e Marco Marin che vincono l’oro nella sciabola a squadre; Marin aggiunge anche l’argento nell’individuale. I
due conquistano il bronzo a Seoul, sempre nella prova a squadre. Sono i Giochi, quelli coreani, in cui Francesca Bortolozzi ottiene l’argento nel fioretto a squadre: si migliora nel 1992, a Barcellona, salendo sul gradino più alto del podio nel fioretto a squadre, mentre Marin arriva all’argento nell’individuale di sciabola.
Tornando alle altre specialità, Padova conferma il suo prestigio nel ciclismo su pista con Leandro Faggin, doppio oro nell’inseguimento individuale e in quello a squadre a Melbourne 1956.
Nel 1960 a Roma Giuseppe Beghetto e Sergio Bianchetto vincono l’oro nella prova di tandem su pista; Bianchetto si ripete nel 1964 a Tokyo stavolta con il napoletano Angelo Damiano, e aggiunge l’argento nell’individuale.
Nel nuoto, irrompe nel 1970 a Monaco la non ancora diciottenne Novella Calligaris, che si aggiudica tre medaglie: argento nei 400 stile libero, bronzo nei 400 rana e negli 800 stile libero.
E per rimanere negli sport d’acqua, una citazione è d’obbligo per Rossano Galtarossa, nel canottaggio, con ben cinque presenze all’attivo nei Giochi olimpici (Barcellona 1992, Atlanta 1996, Sidney 2000, Atene 2004, Pechino 2008), ottenendo un oro, un argento e due bronzi: perle di una carriera straordinaria, che mette assieme nelle varie competizioni 166 ori, 59 argenti e 26 bronzi.
Infine, l’arciere Marco Galiazzo, oro nell’individuale ad Atene 2004, e nella gara a squadre a Londra 2012, e argento a Pechino 2008 nella gara a squadre.