PAVIA. Immaginava, disegnava e realizzava una Pavia, a misura della sua storia e di chi l’abitava e l’avrebbe abitata: si è spento, a 85 anni l’architetto Enrico Sacchi. Il suo lavoro, come un respiro ideale, fino alla fine. L’ultima sua fatica, che neppure la malattia aveva ostacolato, era stata l’organizzazione, nell’aprile scorso, della mostra-convegno “E’ partecipazione”, nell’aula del ’400. Una visione storico–critica sull’età d’oro della politica urbanistica a Pavia. Quella di Elio Veltri sindaco, e del piano regolatore Astengo-Campos Venuti che affascinò il mondo e fu richiesto dall’Onu. Il Parco del Ticino, l’isola pedonale più grande d’Italia, il recupero dell’esistente: Enrico Sacchi e il suo storico compagno di viaggio, Marco Chiolini c’erano.
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Progetti, studi, battaglie. «Enrico aveva il cuore nel centro storico: non voleva che si costruisse» dice l’architetto Giorgio Via, che 40 anni fa iniziò a entrare nel mitico studio Chiolini-Sacchi in via Menocchio per poi tornarci negli ultimi 20. Salvare il centro dal mattone senza storia: con questa linea retta in testa, l’architetto Sacchi progetta il recupero di edifici fatiscenti, da quello di piazza Vittoria con annessa sede pubblica, a quelli di piazza Vittoria-via Zecca, dell’isolato di porta Calcinara con destinazione di edilizia economico-popolare (una città che recupera il passato e lo rende vivibile per ogni pavese). Poi l’altro “pallino” progettuale: il Castello visconteo. L’architetto Sacchi progetta la sala conferenze del Rivellino, la sala del romanico e la struttura dell’elevatore che porta ai piani superiori. L’urbanistica, però, davanti a tutto: una filosofia esistenziale oltre che progettuale.
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«Era dentro anima e corpo in tutti i dibattiti e i confronti sulla città del futuro», aggiunge Via. Pavia, il centro storico, l’ambiente: i tre punti di forza. Proprio parlando del Piano regolatore Veltri, Enrico Sacchi diceva: «Quella parentesi non è durata molto: dagli anni Ottanta la sensibilità di tutela del paesaggio si è affievolita. E oggi? Tanti anni dopo, registro l’attività dei comitati dei cittadini, che avranno anche un modo un po’ garibaldino, ma hanno posto il tema della difesa dell’ambiente e del centro storico».
Garibaldino, lo era. «Ma soprattutto una persona leale. Enrico, era leale – dice l’architetto Marco Chiolini, l’altro volto dello studio di via Menocchio – Io e lui, fianco a fianco per 40 anni: a tratti burbero, integerrimo, poi capace di tenerezze sorprendenti. Abbiamo condiviso battaglie e progetti , ma lui, anche ora, continuava a battersi per il centro storico e l’ambiente». Lo studio Sacchi-Chiolini è nella storia: l’archivio è stato, infatti, donato ai musei civici. Da studiare per non chiudere le porte al futuro immaginato dai due architetti. Luca Perinotto, presidente dell’Ordine degli architetti, esprimendo il cordoglio degli associati , ricorda l’impegno civile di Enrico Sacchi «nella tutela del centro storico e dell’urbanistica cittadina».
Enrico Sacchi lascia la moglie Ornella e il figlio Alberto. L’addio mercoledì alle 15 nella Sala del commiato in via Ciapessoni 21.