Caro sindaco Sala, sindaco di Milano, le scrivo questa lettera dopo aver letto con trasporto una sua lunga intervista sul Corriere della sera. Due pagine, a cura del vicedirettore Venanzio Postiglione, in cui lei fa il bilancio dei suoi otto anni alla guida della città. Ho molto apprezzato il suo tono distaccato. Così distaccato che lei mi è parso, più che il sindaco, un passante, un osservatore casuale. O forse, l’umarell dei Navigli. Per esempio mi è piaciuto quando ha detto che a Milano c’è «il problema della casa». Perdinci, il fatto che ci sia arrivato, dopo otto anni a Palazzo Marino, è segno inequivocabile della sua perspicacia. Ma, di grazia, lei, questo problema della casa, anziché scoprirlo, non dovrebbe far qualcosa per risolverlo?
Macché. Lei svicola, osserva, discetta come se il fatto non la riguardasse. Si sente un alieno caduto all’improvviso in piazza Duomo. Si guarda attorno e scopre che, pofferbacco, bisogna trovare «l’equilibrio tra la gestione del traffico e la cura dell’ambiente». E poi, acciderbolina, c’è «oggettivamente il tema della sicurezza». Oggettivamente, si capisce. Per la sicurezza, dice, «dobbiamo fare di più». Indiscutibile. Ma chi lo deve fare? Lei. E che cosa aspetta? Sono otto anni che i milanesi attendono «qualcosa in più». Che glielo chiedono. Lei arriva, con quella sua aria da turista allo zafferano, e tutto quello che sa fare è annunciare che «stiamo lavorando per riorganizzare la polizia locale». Stiamo lavorando. Ma sicuro. Con calma, però.
A volte penso che ai politici e agli amministratori dovrebbe essere vietato l’uso del gerundio. «Stiamo lavorando», «stiamo organizzando», «stiamo facendo». O hai fatto o stai zitto. Ma per lei c’è un’aggravante. E cioè che sul tema della sicurezza per anni ha negato l’evidenza. Ha sminuito. Ha denigrato chi lo denunciava. «Non facciamo della sicurezza un punto centrale», disse il 20 luglio del 2021. «Il problema non è la sicurezza reale ma la sicurezza percepita», ribadì il 18 novembre 2021. E ancora il 15 novembre 2023, ai giornalisti che le ponevano la questione, replicava stizzito dicendo che «il problema sicurezza è una campagna politico-mediatica». Insomma: per lei il problema sicurezza non è mai esistito. Non doveva essere centrale. Non era reale. Al massimo frutto di campagne politico mediatiche. E adesso, invece dopo otto anni, scopre che «oggettivamente» il problema della sicurezza esiste. E che perciò bisogna «riorganizzare la polizia locale». Se lo lasci dire: ha la faccia come il panettone.
Anche il tema della casa mi pare che l’abbia sottovalutato. Quante inchieste lette sugli affitti stellari? Quante sulle case occupate? Lei non ha mai fatto nulla. Anzi, ricordo due vigili urbani milanesi che, a Fuori dal Coro, davanti a un edificio occupato, dicevano: «L’amministrazione ci spinge a fare le multe, non a sgomberare gli appartamenti». Ci sono almeno quattromila case occupate a Milano, compresa quella di Ilaria Salis, quasi duemila dipendono da lei. E ci sono altri 8.500 appartamenti pubblici vuoti, di cui la metà sempre dipendenti da lei. E lei che fa? Dice: «Vogliamo capire se il Comune, in partnership con altri, può dare una spinta più evidente». La partnership, come no. Vogliamo capire. Ma otto anni non le sono bastati per capire?
Vede, caro sindaco, quando il nume tutelare del Grillo mi ha suggerito di commentare questa sua surreale intervista, ho subito pensato che fosse di interesse comune. Mica solo per i milanesi. Perché questo atteggiamento di chi governa le nostre città come fosse un passante, purtroppo, è generalizzato. Ovunque ci sono politici e amministratori che restano attaccati per anni alla poltrona e poi fingono di cascare dal pero di fronte ai problemi. Come se i problemi non dipendessero proprio dalla loro incapacità. Con un’aggiunta: Milano dovrebbe essere l’avanguardia di Italia, un modello da imitare. E invece il «modello Milano» delle piste ciclabili e delle calze arcobaleno, dell’accoglienza indiscriminata e del blocco delle auto in nome del talebanesimo green, ebbene perde colpi, come ammette lei stesso: «Non siamo quelli di prima»...
Esatto: Milano non è più quella di prima. Ma non lo è proprio perché lei, anziché risolvere i problemi, li ha evitati. E ora, dopo otto anni, finge di scoprirli come se fossero nuovi. E Milano non è più quella di prima perché lei, anziché pensare al benessere dei cittadini ha pensato alla sua carriera politica. Non è l’unico, purtroppo, e anche questo rende la sua intervista importante per tutti i non milanesi. Lei, infatti, caro umarell dei Navigli, più che a dare risposta ai problemi di casa e sicurezza, sembra interessato a dare risposta a una domanda che immaginiamo per lei fondamentale perché riguarda il suo futuro: «Dove sta il centro del centrosinistra?». Già ogni mattina i milanesi si pongono lo stesso problema. Trovare il centro del centrosinistra. Che a occhio e croce dovrebbe star su Marte. Un po’ come lei.
