Tadej Pogacar ha vinto il Tour de France 2024, ma è solo l’ultimo dei successi di una carriera già faraonica a neanche ventisette anni. L’alfiere della UAE Emirates sta riscrivendo la storia del ciclismo e lo sta facendo dominando ogni corsa. Forte come in questo 2024 lo sloveno non era mai stato e dopo le ultime due cocenti sconfitte proprio alla Grande Boucle subite da Jonas Vingegaard, ha rilanciato stupendo tutti e dichiarando di voler fare la doppietta con il Giro d’Italia.
Detto, fatto. Abbiamo imparato a conoscerlo Pogacar, che quando si espone e punta il mirino su qualcosa, difficilmente fallisce il colpo. Che sia una tappa, una classica, un grande giro o anche una sfida con un amico. Il classe 1998 si è rivelato al mondo nel 2019 con il terzo posto alla Vuelta, nella sua prima corsa di tre settimane della carriera. Dopo quel momento ne ha disputate altre sei: i peggiori risultati sono stati due secondi posti.
Numeri impressionanti che incutono timore solo a leggerli. Iconica è diventata la cronometro del Tour de France 2020, quando un ragazzo con i ciuffetti che spuntano dal casco, diventato poi il simbolo per eccellenza dello sloveno, compie un’impresa ribaltando tutto e soffiando la maglia gialla al suo connazionale Primoz Roglic (vincendo così la Grande Boucle alla prima partecipazione). L’anno successivo Tadej si presenta in Francia da favorito assoluto, e non tradisce le aspettative bissando il successo dell’anno prima. Al secondo posto però chiude un certo Jonas Vingegaard, che annuncia battaglia per gli anni successivi.
E infatti una macchina perfetta imprime due sconfitte dolorose a Pogacar, che però in entrambe le occasioni chiude la generale al posto d’onore. La batosta subita su tutti i fronti lo scorso anno (in cui c’è da dire che lo sloveno arrivò al Tour dopo una caduta) convince l’alfiere della UAE Team Emirates a cambiare qualcosa. Si allena ancora più duramente, vuole migliorare per riprendersi lo scettro. E poi il colpo a sorpresa, l’annuncio della partecipazione al Giro d’Italia. Una Corsa Rosa che domina, rifilando distacchi abissali a tutti.
E alla fine, Pogacar, fa la stessa cosa al Tour. Ma Tadej non è solo un uomo da grandi giri, ma è un corridore a tutto tondo che vuole dominare ogni corsa in cui mette il numero sulla schiena. E ci riesce maledettamente bene: sono già sei i successi nelle Classiche Monumento. Il primo arrivato nel 2021 in primavera alla Liegi-Bastogne-Liegi, in un’annata che lo ha visto trionfare anche al Lombardia. In entrambi gli albi d’oro il suo nome figura due volte, nella corsa belga anche nel 2024, in quella italiana nel 2022 e 2023 (in pratica, è il campione in carica di queste due Classiche).
Nel suo palmares incredibile è presente anche un Giro delle Fiandre, dominato lo scorso anno. Per chiudere il cerchio gli manca la Milano Sanermo (in cui ha già un quinto posto) e la Parigi-Roubaix, in cui non ha mai partecipato. Prima o poi lo sloveno tornerà sicuro in Spagna alla Vuelta, per completare la triplice corona, e se lo facesse quest’anno sarebbe da antologia dello sport, forse l’impresa più grande mai realizzata.
Dalle sue parole però l’obiettivo è un altro: il Mondiale. “La maglia arcobaleno sta bene a Mathieu (Van der Poel, ndr), ma l’anno prossimo la voglio indossare io“, è questa la sfida lanciata immediatamente dopo la cronometro di Nizza, per un campione che si carica mettendo l’asticella sempre più alta. E il percorso del campionato iridiato strizza parecchio l’occhio a Pogacar, che come detto quando si mette in mente una cosa, difficilmente fallisce. Attenzione però alle Olimpiadi, perché con un fuoriclasse come Tadej può tirare fuori qualsiasi coniglio dal cilindro in qualsiasi momento…