TRIESTE I tavolini di bar e ristoranti si stanno mangiando interi pezzi di città: basti pensare che nella prima metà dell’anno le concessioni per l’occupazione del suolo pubblico (tra nuove e rinnovi) ammontano a 219, a fronte di 195 rilasciate in tutto l’anno precedente. Attualmente, a Trieste, sono 540 i locali con dehors.
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I RICORDI
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Dal bar Costa alla gelateria De Martino, passando per Zampolli e la pizzeria Bella Napoli. Venti anni fa la via per eccellenza di sedie e tavolini era viale XX Settembre, complice la pedonalizzazione della parte centrale della strada e il fresco regalato dagli alberi. Quelli che all’epoca ancora non si usava chiamare dehors si concentravano poi tra viale Gessi e piazzale Rosmini, tra piazza dell’Unità e l’allora neo pedonalizzata via San Nicolò. Ottenere spazi all’esterno del locale non era scontato. Neppure i chioschi di Barcola potevano contare su qualche tavolino. Paradossalmente i dehors più estesi erano presenti in periferia, in area di diretta competenza dei pubblici esercizi, senza occupazione del suolo pubblico: dalla pizzeria Alla Ferriera allo storico Suban, dalla pizzeria Bandiera Gialla di San Giovanni alla Spetic di Cattinara.
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GLI STRAVOLGIMENTI
Da una vecchia immagine del Canale di Ponterosso di una quindicina di anni fa, spuntano solo gli ombrelloni della pizzeria Al Barattolo, dell’Antico Panada, del caffè Stella Polare e di un paio di piccole caffetterie. Poi il boom che oggi, per assenza di fori commerciali disponibili, risparmia solo il tratto che affianca il Carciotti. I dehors, complici anche le pedonalizzazioni, hanno conquistato zone fino ad allora inesplorate, come via Torino, via XXX Ottobre, via Trento, via Genova. Fino a conquistare la fine delle Rive, poi le piazze: da piazza Verdi a piazza Puecher, da piazza San Giacomo a largo Barriera a piazza Ponterosso, dove il Giovannin non veglia più sulle venderigole, ma su ciotole di pokè e su forchettate di scialatielli ai frutti di mare.
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IL BOOM
La turistificazione cittadina a quel punto è aumentata in modo imponente: il numero di richieste di occupazione del suolo pubblico si attesta ormai a una media di duecento pratiche all’anno tra nuove e rinnovi: 176 nel 2017, 229 nel 2018, 239 nel 2019. Poi un salto, dovuto alla pandemia, fino alle 225 autorizzazioni rilasciate nel 2022 e alle 195 nel 2023. Arrivati a metà del 2024, le richieste pervenute dal Comune sono già 219 e quelle attualmente in essere sono 540. In massima misura si tratta di permessi pluriennali, mentre restano in pochissimi a chiedere permessi “stagionali”: tra cambiamento climatico e boom turistico a Trieste gli ombrelloni restano aperti tutto l’anno.
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LE PERIFERIE
Il dehor in periferia avrà una declinazione meno turistica e più rionale, ma racconta anche di attività commerciali che ormai da qualche tempo hanno deciso di investire anche nei quartieri più popolari. Ecco quindi che i tavolini, ad esempio, fanno salotto anche a Roiano, in particolare attorno all’ex comprensorio Stock. Di recente si è poi osservato un raddoppio di ombrelloni in largo Barriera. In via Foschiatti, come spesso accade, i dehors si sono moltiplicati da quando è stata pedonalizzata. Esattamente come accaduto in largo Sonnino: conclusi i lavori della nuova isola pedonale, ecco fioccare le prime richieste di autorizzazione per piantare un ombrellone. Tra le zone in cui nell’ultimo periodo sono apparsi i primi dehors ci sono poi via Locchi e via Baiamonti.
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IL REGOLAMENTO
Marciapiedi invasi da tavoli e sedie, passaggi pedonali occupati dal cin cin dei turisti, ombrelli e ombrellini in terra di nessuno. Tutto l’insieme di norme che regolano questa babele di dehors è stato aggiornato più volte negli anni, tra cambiamenti più o meno radicali. L’ultimo regolamento comunale è stato appena approvato e – anche in vista del decadere nel 2025 delle ultime deroghe concesse nel periodo pandemia – il documento introduce una serie di semplificazioni per quanto riguarda la procedura di autorizzazione da parte dei titolari. Al di là della parte più burocratica, le principali novità riguardano poi l’accessibilità, l’abbattimento delle barriere architettoniche, un più rigido rispetto delle norme di sicurezza. Ma c’è anche l’obbligo, per i gestori, di richiedere i nullaosta ai negozi della zona nei casi in cui i propri dehors vadano a occupare anche solo in parte le vetrine vicine e, aspetto più sentito, una nuova procedura per l’assegnazione delle aree contese tra due attività.
I COLORI E LE FORME
Nel tempo i gestori dei pubblici esercizi ne hanno viste, è proprio il caso di dirlo, di tutti i colori. Se i più recenti ritocchi al regolamento, di fatto, non hanno stravolto i dehors di bar e ristoranti, nel 2014 una scure della Soprintendenza impose al Comune di stilare regole che obbligarono i gestori a investimenti non di poco conto. Innanzitutto tavoli e sedie (guai parlare di divanetti) dovevano essere solo di colore grigio scuro. Per gli ombrelloni si doveva optare per le tinte chiare, grigio tortora, beige. Via botti, fioriere, divieto totale anche per le pedane. L’obbiettivo era quello di evitare che Trieste si trasformasse in una “baraccopoli”. Le cose sono cambiate.
I DOVERI
Due semplici regole che troppi gestori ormai fanno finta di ignorare (previste nel regolamento Movida) prevedono che l’area occupata vada tenuta pulita: quindi pulire a terra da rifiuti e eventuali macchie spetta al titolate del locale. C’è poi l’obbligo di provvedere «nell’orario di chiusura notturno dell’esercizio, a rendere inutilizzabili da eventuali passanti tavoli, sedie e ombrelloni, presenti all’esterno dei locali». Sedie e tavolini vanno legati, così che, ad esempio, una semplice seduta non si possa trasformare in un oggetto contundente durante una rissa.
FURBETTI E DINTORNI
I furbetti in ogni caso non mancano e in particolare dalla fine della pandemia (e il venir meno delle deroghe speciali) sono aumentate le occupazioni non autorizzate. Basti pensare che solo quest’anno, fanno sapere gli uffici dedicati, sono state elevate più di 200 sanzioni nei confronti di gestori che non rispettano le regole. Tra le violazioni più frequenti ci sono i casi di esubero (per cui i tavolini si “allargano” più del dovuto) o di invasione delle corsie che devono essere lasciate libere per le emergenze.—
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