Un’anziana di 82 anni è deceduta 14 giorni dopo una prestazione medica che la famiglia sostiene sia stata gestita in maniera quantomeno anomala. Trattenuta al pronto soccorso e poi dimessa nonostante le condizioni di salute precarie, è stata due ore dopo nuovamente accolta in pronto soccorso e stavolta sì ricoverata in reparto.
«Ma i medici hanno cancellato dal fascicolo elettronico il referto con le dimissioni», è l’accusa mossa dalla famiglia, attraverso l’avvocato Nicola Todeschini di San Vendemiano (Treviso).
Il legale, che ha presentato un esposto in Procura e all’Usl 4, chiede un risarcimento di 1 milione e 100 mila euro. Il fatto di presunta malasanità è successo all’ospedale di San Donà di Piave il 13 settembre 2020, in piena pandemia. La Procura di Venezia ha archiviato subito il procedimento ma l’avvocato Todeschini è deciso a opporsi.
«Al pronto soccorso dell'ospedale di San Donà di Piave non è stata riconosciuta la condizione febbrile della paziente ed è stata ipotizzata imprudentemente un'eziologia dei sintomi di mera natura ortopedica», è specificato nell’esposto.
Quando l’ottantaduenne è stata ricondotta a casa in ambulanza, ricostruiscono le figlie, manifestava una condizione clinica drammatica, con febbre alta e stato confusionale.
«Il personale del 118 ci ha consegnato il verbale cartaceo con l’indicazione delle dimissioni e una mera prescrizione di riposo con assunzione di antinfiammatori e previsione di nuova radiografia di controllo a distanza di sette giorni».
Le rimostranze delle figlie sono state palesi, nei confronti del personale dell’ambulanza. E infatti, di lì a poco, il medico che aveva firmato quelle dimissioni ha contattato la famiglia «ammettendo che le dimissioni erano state un errore, poiché era stata eseguita una sola valutazione ortopedica e non era stato tenuto adeguatamente conto delle condizioni di febbre e dei valori ematici della signora».
A quel punto c’è il nuovo ingresso in ospedale a San Donà, stavolta con ricovero. Ma a questo punto della storia c’è un giallo, nel senso che nel nuovo referto spariscono le dimissioni delle 10.31 e compare invece solamente il ricovero in ospedale.
La famiglia interpreta questa manomissione dei referti come un tentativo di cambiare le carte in tavola, a fronte di quello che considerano una evidente sottovalutazione.
«Non è mai stato chiarito come sia possibile che gli operatori alterino un atto pubblico già licenziato e reso disponibile nel fascicolo elettronico» evidenzia l’avvocato Todeschini. «Eliminando fatti che hanno precedentemente attestato essersi verificati in loro presenza (diagnosi e dimissione a carico della struttura), privando così l'atto pubblico di qualsiasi valenza e rendendosi responsabili di una condotta di chiaro rilievo penale».
L’esposto è stato inviato a Usl 4 Veneto Orientale, Regione Veneto e Ministero della Salute. Ora la palla passa di nuovo all'autorità giudiziaria, soprattutto alla luce dell'opposizione all'archiviazione.